Ci si tu e Rossi che un ci crede.
Ma sai quant·è che il burattinaio tira i fili,la foresta si fa li c…….zi sui, e il predictore un ha più voce a forza di sbraità per la Piazza?
Chi un ha capito è perchè un vole capì……
… Lasciatele perdere, le province. Servono unicamente amministratori locali veramente capaci, di quelli che picchiano i cazzotti sulle scrivanie piene di scartoffie e si fanno valere. Ma se dicono che la provincia rossa ostacolerebbe i cosiddetti Comuni di altri colori o viceversa, vi pare che il problema si possa risolvere con l·istituzione di un·altra provincia? Dovremmo riempire l·Italia intera di una miriade di micro province che, oltretutto, sono fra gli enti più inutili che ci possano essere. Risparmiamoci ·sti soldi, piuttosto, che è meglio ……..!!!
Grazie ad un quotidiano nazionale che raccoglie firme per l’abolizione delle Province, è tornata d’attualità la questione: servono e vanno conservate, o sono inutili e vanno abolite? Chi conosce la Storia e l’amministrazione dello Stato sa che sono ineliminabili, come ha ammesso a Porta a Porta la scorsa settimana anche il Ministro del Tesoro Tremonti.
Perchè affondano le radici nei liberi Comuni del Rinascimento, poi divenuti Repubbliche, Principati e Regni regionali, fino all’unità d’Italia del 1860. I Comuni dominanti di allora sono le Province di oggi, come i Regni dell’800 spesso coincidono con Regioni odierne come la Toscana. Allora questi Comuni riscuotevano tributi per la difesa di strade, fiumi e mari del territorio dal nemico o calamità naturali; secoli dopo gli stessi Comuni, ora Province, assistono il territorio nella difesa dalle calamità naturali, nella realizzazione delle infrastrutture e dello sviluppo economico.
Tale struttura amministrativa su tre livelli territoriali – con la Provincia in mezzo a far da “mediatrice”- si è dimostrata funzionale, in un’Italia che ha negli oltre 8.101 “liberi” Comuni e 104 province le vere fondamenta della Nazione, la più “giovane”d’Europa. Sorta, all’opposto degli altri Paesi “centralizzati” da secoli, riunendo a forza i diversi Regni regionali sparsi per lo stivale e con essi le diverse“congreghe”, lobby e mafie che lo condizionano ad ogni livello. Così il cauto legislatore del dopoguerra ha preferito tre corpi di polizia e servizi segreti in concorrenza fra loro per evitare “golpe”, ed ha mantenuto sotto l’Amministrazione centralizzata dello Stato i tre livelli preesistenti di amministrazione territoriale; con competenze spesso sovrapposte e poteri di veto incrociati, per minimizzare la malamministrazione. Un sistema di “contrappesi”, che solo l’imbarbarimento dell’etica politica attuale ha paralizzato, che deve essere rinnovato non estinto.
Perché se oggi se una regione “azzurra” o “rossa” ha una Provincia di colore opposto, questa ostacolerà ogni sua iniziativa, forte del proprio potere; se dello stesso colore ostacolati saranno invece i Comuni “dissidenti” di diverso colore. Così questa politica ha ridotto l’Italia. L’Elba Arcipelago appartiene alla “rossa” Provincia di Livorno della “rossa” Regione Toscana e vanta Storia, tradizioni, territorio, economia, ed orientamento politico distinti da essa. Non deve dunque stupire né una politica livornese a sfavore dell’Elba e favore della costa; né il progressivo storno delle tasse elbane investite altrove in Provincia; né il trasferimento in atto delle nostre infrastrutture amministrative: Catasto, ASL, Tribunale, Conservatoria, 115, Ospedale; né, di conseguenza, che sempre più elbani avvertano la necessità di divenire nuova Provincia.
Sarebbe pertanto opportuno, come ormai si sente da più parti, dare modo ai cittadini di esprimere democraticamente la propria preferenza tra Comune unico e nuova Provincia, appresi pro e contro di entrambe le soluzioni istituzionali, che nessuno deve imporre. Il mezzo previsto da Costituzione e Legge 267/2000 sugli enti locali è il referendum comunale. Basta poco per realizzarlo e sarebbe interesse di tutti.
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Civiltà Elbana
Stefano Martinenghi [/COLOR]
Fare i regali a Natale, quelli costosi o, tanto per intenderci, quelli che contribuiscono a lapidare le già magre tredicesime, non è mica un obbligo. Anzi! Sono dell·opinione che sarebbe sicuramente meglio approfittare di questa crisi per dedicarsi piuttosto a profonde riflessioni. Per anni ci siamo crogiolati nel consumismo più sfrenato ponendoci in risalto agli occhi dei nostri figli, come un pessimo esempio di vita. E i consumi, in senso generale ovviamente, sono andati anche oltre le reali possibilità finanziarie delle famiglie che troppo spesso hanno voluto ricorrere al credito per acquistare prodotti che, alla fin fine dubito siano così necessari. Vedi i vari tv al plasma, LCD, computer di nuova generazione, i suv, auto a iosa, internet, sky, cellulari, elettrodomestici di tutte le specie. Eppoi, tutti quelli che non vogliono rinunciare al ristorante, al "uicchend". I figli che chiedono troppo spesso articoli firmati o griffati … insomma, non ci si può troppo lamentare se arriviamo a fine mese con l·acqua alla gola perchè costretti a rimborasare una marea di mini rate a presunti interessi zero! Nessuno invece che consigli politiche volte al risparmio o almeno ad una più attenta gestione delle proprie risorse. Oggi vogliamo possibilmente TUTTO e, sempre possibilmente, SUBITO. Il fatto di non poterci permettere questa o quella cosa sembra ci deprima terribilmente e ci faccia sentire inadeguati rispetto "agli altri" che invece, quella cosa magari ce l·hanno o se la possono permettere (?). Ritornando ai regali di Natale, basterà sapersi accontentare. Rispolveriamo il vecchio detto "a caval donato non si guarda in bocca" e … Buone feste a tutti!!
Che letteroni che scrive! Pensavo avessi almeno quarant·anni…
Ti sei mai posta il problema sopravvivenza? Mi sà di no. Sei una delle tante gioveni che ben nutrita ha fatto le scuole con mamma e papà alle spalle, e non e· mai stata sfiorata dal pensiero(FORTUNATA!).
Si da· il caso che c·è gente che questa situazione l·ha vissuta! e grazie a loro adesso siamo qui a fare grandi discorsi..
Viva i vecchi! …
Hai capito? Studia un altro po·…
in fisica, nel mondo dei mortali, per passare da uno stato ad un altro si deve applicare una forza, compiere uno spostamento e quindi produrre del lavoro;
in politica invece, anche se sempre nel mondo dei mortali, per passare dallo stato di Partito Politico allo stato di Partitocrazia non deve essere compiuto alcun lavoro, alcuno spostamento, applicata nessuna forza, si deve star semplicemente fermi!
Ergo, per non passare allo stato di Partitocrazia è necessario, condicio sine qua non, che si compia del lavoro e cioè che le chiappe degli unti dalle elezioni, dopo un po’ di anni, devono essere fatte spostare dalle sedie alle biciclette dove per restare in piedi è necessario pedalare.
Tradotto in soldoni vuol dire che se noi non partecipiamo alla vita politica con attenzione ed in modo costruttivo, siamo direttamente responsabili della naturale deriva verso la Partitocrazia. Il politico/amministratore è per definizione partitocraticheggiante, non fosse altro perché col tempo vive l’esperienza come fosse il suo mestiere, in molti casi il solo e non ha ne la forza ne tantomeno la voglia di alzare le chiappe ed andare a fare un “giro in bici”. Spesso accade anche che non sia più in età per farlo.
Dalle definizioni che seguono, in buona parte prese a prestito sulla rete, non è difficile dedurre che solo noi bloggisti più o meno accalorati, inscritti ai partiti, simpatizzanti o semplicemente cittadini interessati alle vicende politiche, abbiamo il potere di gestire il flusso Partito-Partitocrazia. La direzione del flusso dipende esclusivamente dalla nostra capacità di far passare i vecchi culi dalle sedie alle biciclette.
Le definizioni:
PARTITO POLITICO
Il partito politico può definirsi come una formazione sociale, dotata di un’organizzazione, avente come obiettivo fondamentale la “trasposizione sul piano giuridico della realtà politica, avvalendosi di mezzi predisposti dall’ordinamento”.
Il fine che il partito politico si propone è quello di far sì che il programma da esso predisposto ed accettato dalla comunità venga fatto proprio dallo Stato-soggetto ed utilizzato come base dell’indirizzo politico statale.
Per fare questo è necessario che vi sia una buona dose di democratizzazione delle strutture partitiche in cui i leader stessi siano disposti a mettersi o rimettersi periodicamente in gioco attraverso appunto il confronto democratico e civile delle idee ma anche delle critiche a quello che non va o non va più.
Viceversa, se i partiti si arroccheranno sempre di più nelle loro eburnee torri del potere, tagliando quel vitale cordone ombelicale che li lega alla società, alla gente comune, ai problemi della società, perderanno del tutto la loro vitalità e il loro consenso: unica risorsa che li legittima e li rende attori protagonisti della volontà collettiva.
Per il diritto italiano i partiti sono soggetti privati che rientrano nella categoria delle associazioni non riconosciute.
Trattandosi di associazioni non riconosciute, non vincolano nessuno, né gli iscritti e tanto meno i non iscritti.
La loro forza non dipende quindi da una particolare posizione giuridica, ma dal fatto che gli
atti politici che propongono, sono fatti propri dal parlamento, e quindi dal governo, e acquistano
perciò una forza giuridica vincolante. In questo modo i partiti fungono da filtro tra la società e lo stato apparato.
L’art. 67 Cost. sancisce che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” mentre l’art. 82 Cost. riconosce l’esistenza all’interno del Parlamento, di gruppi parlamentari che ovviamente sono filiazioni dei partiti.
La lettura congiunta di queste norme dà la visione complessiva del sistema italiano, in cui i partiti dovrebbero teoricamente fungere da intermediari tra la volontà dei cittadini e la determinazione della politica nazionale in Parlamento.
I cittadini sono l’organo propulsore di un circuito che determina la politica nazionale.
Essi hanno la responsabilità di selezionare i candidati che, una volta eletti, dovranno determinare la politica nazionale, traducendola in scelte operative.
PARTITOCRAZIA
Degenerazione del sistema democratico per il troppo potere assunto da uno o più partiti. Il sistema democratico prevede, infatti, che le scelte importanti per tutta la collettività (costruire ospedali o autostrade, spendere per la scuola o per armare l·esercito, aumentare i tributi che i cittadini devono pagare) siano decise, in Parlamento e nei vari consigli, dalla maggioranza dei rappresentanti dei cittadini. Per arrivare a determinare questa maggioranza, i cittadini si organizzano in partiti, che elaborano programmi e cercano di far eleggere persone di loro fiducia. È probabile che la democrazia funzioni meglio quando chi oggi è maggioranza può domani diventare minoranza e viceversa. Quindi, un partito, o un gruppo di partiti, detengono il potere, ma sempre incalzati da altri che vogliono decidere in modo diverso. Se però un partito, o più partiti, per varie ragioni, tengono il potere per molto tempo senza che avvenga un ricambio, c·è il pericolo che lo Stato "venga occupato". Ai posti dirigenti verranno messe persone, talvolta non capaci, ma fedeli e obbedienti agli ordini. L·efficienza dell·amministrazione pubblica viene meno e può succedere che soldi pubblici vengano dirottati nelle casse dei partiti. Si passa così dal sistema democratico dei partiti alla partitocrazia
Grazie per le scuse, ma non erano assolutamente necessarie. Non ne ravvedo il motivo. Ho piuttosto voluto solo sottolineare quelle che erano le mie prese di posizione. Se le hai comprese, la cosa mi fa piacere. Quando non si offende persona alcuna, non sono richieste scuse di alcun tipo. Mai!! Saluti …
PIAZZA CAVOUR: RIAPRIRE…NON RIAPRIRE…QUESTO E· IL PROBLEMA…(che tradotto sarebbe: quanti voti perdo se riapro? quanti ne perdo se non riapro??? dobbiamo fa· du· conti…))
I nostri amministratori so· sempre stati forti (l·abbiamo costatato in questi 4 e passa anni…), ma quando s·avvicinano l·elezioni, diventano anche più forti…si superano…
Su piazza Cavour prima volevano fa· ·na cosa, poi, invece, ·n·altra cosa…ora, siccome so· subentrate novità (quali??), stanno valutando…sentiranno le parti sociali, incontreranno le associazioni di categoria (ma come…fino a ieri hanno fatto come ca..o gl·è parso, senza senti· nessuno…mah!!), e poi…prenderanno una decisione e quella sarà definitiva…
Mammòviti!!!!!
E se il Lungo assicura che sarà definitiva…sarà D E F I N I T I V A.
Del resto fino ad ora quello che ha detto ha sempre mantenuto…uhm…uhm…
Perché non credergli??
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Oggi scrivo…
PERIA HA RISOLTO IL PROBLEMA PIAZZA CAVOUR.
Bene! Direte voi…
Sì, l·ha risolto, ma a modo suo…nella speranza di accontenta· tutti e di ·un perde· nemmeno un voto… (aùùbaùle!!!)
Ora, infatti, possiamo parla· di piazza Far West…ognuno si fa i ca@@i suoi…i vigili so· spariti…e tutto questo andazzo, state tranquilli, durerà fino a nuove elezioni.
Che bellezza…che goduria…e che amministratori abbiamo…una meraviglia…
Ci vorrebbero l·elezioni ogni 6 mesi…
Praticamente, pe· risolve· il problema, il Lungo ·un·ha fatto ·na se@a nulla…nessuna decisione presa…come sempre, del resto…
Qualcuno (forse lui stesso coll·aiuto di Marino??) ha soltanto spostato un vaso.
Le macchine entrano in piazza dal pertugio, parcheggiano dove, quando e quanto vogliono, e poi escono tranquillamente dalla porta a mare.
Qualcuno, addirittura, mezzo caricòtto, esce colla macchina anche dalla porta dove c·è solo passaggio pedonale…
GRANDI! GRANDISSIMI!!!
Ma perché non confermare questi amministratori in blocco per altri 5 anni?
Del resto hanno idee, soluzioni, dinamicità e materia grigia in eccedenza…cosa vogliamo di più da chi ci dovrà tira· fòri dalla ca@@a nel nostro incerto e nebuloso futuro prossimo???
🙂