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Stefano Martinenghi


da
Stefano Martinenghi


pubblicato il 9 Dicembre 2008

alle
15:34

[SIZE=4][COLOR=darkblue] SI’A REFERENDUM COMUNALI PER NUOVA PROVINCIA O COMUNE UNICO [/COLOR] [/SIZE]

Grazie ad un quotidiano nazionale che raccoglie firme per l’abolizione delle Province, è tornata d’attualità la questione: servono e vanno conservate, o sono inutili e vanno abolite? Chi conosce la Storia e l’amministrazione dello Stato sa che sono ineliminabili, come ha ammesso a Porta a Porta la scorsa settimana anche il Ministro del Tesoro Tremonti.
Perchè affondano le radici nei liberi Comuni del Rinascimento, poi divenuti Repubbliche, Principati e Regni regionali, fino all’unità d’Italia del 1860. I Comuni dominanti di allora sono le Province di oggi, come i Regni dell’800 spesso coincidono con Regioni odierne come la Toscana. Allora questi Comuni riscuotevano tributi per la difesa di strade, fiumi e mari del territorio dal nemico o calamità naturali; secoli dopo gli stessi Comuni, ora Province, assistono il territorio nella difesa dalle calamità naturali, nella realizzazione delle infrastrutture e dello sviluppo economico.
Tale struttura amministrativa su tre livelli territoriali – con la Provincia in mezzo a far da “mediatrice”- si è dimostrata funzionale, in un’Italia che ha negli oltre 8.101 “liberi” Comuni e 104 province le vere fondamenta della Nazione, la più “giovane”d’Europa. Sorta, all’opposto degli altri Paesi “centralizzati” da secoli, riunendo a forza i diversi Regni regionali sparsi per lo stivale e con essi le diverse“congreghe”, lobby e mafie che lo condizionano ad ogni livello. Così il cauto legislatore del dopoguerra ha preferito tre corpi di polizia e servizi segreti in concorrenza fra loro per evitare “golpe”, ed ha mantenuto sotto l’Amministrazione centralizzata dello Stato i tre livelli preesistenti di amministrazione territoriale; con competenze spesso sovrapposte e poteri di veto incrociati, per minimizzare la malamministrazione. Un sistema di “contrappesi”, che solo l’imbarbarimento dell’etica politica attuale ha paralizzato, che deve essere rinnovato non estinto.
Perché se oggi se una regione “azzurra” o “rossa” ha una Provincia di colore opposto, questa ostacolerà ogni sua iniziativa, forte del proprio potere; se dello stesso colore ostacolati saranno invece i Comuni “dissidenti” di diverso colore. Così questa politica ha ridotto l’Italia. L’Elba Arcipelago appartiene alla “rossa” Provincia di Livorno della “rossa” Regione Toscana e vanta Storia, tradizioni, territorio, economia, ed orientamento politico distinti da essa. Non deve dunque stupire né una politica livornese a sfavore dell’Elba e favore della costa; né il progressivo storno delle tasse elbane investite altrove in Provincia; né il trasferimento in atto delle nostre infrastrutture amministrative: Catasto, ASL, Tribunale, Conservatoria, 115, Ospedale; né, di conseguenza, che sempre più elbani avvertano la necessità di divenire nuova Provincia.
Sarebbe pertanto opportuno, come ormai si sente da più parti, dare modo ai cittadini di esprimere democraticamente la propria preferenza tra Comune unico e nuova Provincia, appresi pro e contro di entrambe le soluzioni istituzionali, che nessuno deve imporre. Il mezzo previsto da Costituzione e Legge 267/2000 sugli enti locali è il referendum comunale. Basta poco per realizzarlo e sarebbe interesse di tutti.
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Civiltà Elbana
Stefano Martinenghi
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