Il 10 ottobre la corte dei conti vuole spiegazioni sul disastro economico, speriamo che il comune venga commissariato e ci liberino da questa agonia.
A primavera mandiamoli a casa
A primavera mandiamoli a casa
Alla soglia del 2024 la nostra Isola è ormai quasi senza Cardiologia a causa di richieste e dinieghi e fantomatiche inopportunità che ostacolano le opportunità di creare un piccolo reparto Cardiologico.
Sia l’Azienda Sanitaria, sia la Politica da mesi sanno che causa pensionamento la Cardiologia (servizio indispensabile per una popolazione lontana dai centri cardiologici salvavita) sarebbe rimasta con un solo cardiologo che può garantire 6/7 ore al dì e non tutti i giorni alle attività ambulatoriali poiché tutto il carico dell’intero servizio cardiologico del nostro ospedale, comprese le emergenze e consulenze, sono a suo carico quale unico specialista cardiologo rimasto. Come è logico, questa situazione si ripercuote gravemente sull’utenza che alla richiesta di poter fare una visita Cardiologica per un dolore toracico, affanno (anche a riposo) capogiri, palpitazioni, svenimenti per i quali deve subito consultare un cardiologo, riceve come risposta che le visite sono sospese e le agende di prenotazione sono momentaneamente chiuse in attesa di un riordino del servizio.
Cosa inquieta è che fino a qualche mese fa il nostro ospedale vantava, con la Medicina Generale, il Pronto Soccorso e il nuovo servizio di Chirurgia, una valida e funzionale Cardiologia che spesso si è distinta come nel settembre del 2022 che in collaborazione con altre realtà specialistiche interne, salvarono una turista colpita da infarto o come nel giugno 2023 che grazie ad un vero e proprio “Ponte Tecnologico” riuscirono a salvare una persona senza la necessità di trasferirlo in altri centri della costa. Di quella Cardiologia composta da ottimi specialisti e diretta da una Direttrice con funzioni di primaria cardiologica in vari ospedali non esiste quasi più traccia.
Siamo consapevoli che è cosa quasi impossibile che ci venga assegnato un Cardiologo in tempi brevi però si contava moltissimo sul progetto Regionale (investiti 2,5 milioni di euro) “Anch’io all’Elba” ( come ne hanno beneficiato altri servizi e reparti fra tutti la Dialisi) il quale potrebbe consentirci di avere specialisti in breve tempo dando così la possibilità alla Direttrice/Primaria di riorganizzare quel servizio qual è la Cardiologia, tanto utile e determinante per gli Elbani.
Abbiamo sentito nei giorni scorsi un paio di Cardiologi che vorrebbero venire all’Elba se non fosse che il FAMOSO progetto Regionale tanto enfatizzato “Anch’io all’Elba” non contempla la disciplina “Cardiologia”
ASSURDO, si fa un progetto milionario per dare medici all’Elba ma si mettono dei paletti per limitarne l’accettazione
Alla luce di questa anomalia chiediamo alla Regione Toscana di modificare il bando estendendolo ad altre discipline come la Cardiologia di cui l’Elba ha bisogno.
ELBANI, possibile che qualunque cosa si faccia per migliorare la Sanità Toscana c’è sempre una postilla che ci escluda? NON E’ STRANO TUTTO QUESTO?
La Cardiologia è un servizio salvavita e NON può essere dimenticato.
Comitato Elba Salute.
(Francesco Semeraro)
"Le batterie agli ioni di litio che alimentano i veicoli elettrici, ma anche gli smartphone che usiamo ogni giorno, sono generalmente sicure ma in alcune circostanze possono diventare infiammabili.
In un veicolo elettrico, le batterie agli ioni di litio sono raggruppate sotto forma di celle cilindriche in diversi moduli e pacchi. Questa ripartizione consente di bilanciare meglio la carica tra le celle e di gestire in modo più efficiente il calore. Per garantire un corretto funzionamento dei veicoli, e soprattutto uno standard di sicurezza adeguato, c’è bisogno di accorgimenti specifici – dai sistemi di raffreddamento all’isolamento termico – che siano in grado di prevenire, oppure di arginare, il surriscaldamento delle batterie agli ioni di litio.
Mentre le auto a benzina possono incendiarsi a causa di perdite di carburante, collisioni o malfunzionamenti del motore, le auto elettriche possono andare in fiamme a causa di una reazione chimica che avviene all'interno di batterie danneggiate e che porta a un surriscaldamento della temperatura e a una conseguente "fuga termica".
Se il surriscaldamento delle batterie non viene (o non può) essere contrastato, può divampare lentamente un incendio più o meno grande (e più o meno grave).
Questo può verificarsi, per esempio, se: esistono difetti di fabbricazione che possono causare una fuga termica; le batterie vengono esposte in modo prolungato a temperature estreme; una forte collisione o un forte impatto danneggia le batterie al punto di compromettere la loro struttura, con le parti interne delle varie celle che possono venire a contatto in modo inappropriato; un oggetto esterno penetra i moduli delle batterie alterando il loro stato.
Gli ultimi due casi, in particolare, potrebbero essere all’origine delle fiamme che sono fuoriuscite dal bus precipitato da un cavalcavia tra Mestre e Marghera. Il forte impatto del veicolo elettrico con il terreno potrebbe aver danneggiato le batterie agli ioni di litio e causato una conseguente fuga termica. Tuttavia Il procuratore di Mestre, Bruno Cherchi, ha detto ai giornalisti che "non risultano particolari fiamme né un incendio in senso tecnico del bus precipitato". C'è stata invece "una fuoriuscita di gas dalle batterie del litio che costituiscono il camion" e su questo la magistratura sta facendo accertamenti. Le batterie, in ogni caso, sono state messe in sicurezza e sotto sequestro.
In uno dei video amatoriali girati poco dopo l'incidente, in cui un padre estrae da un finestrino del bus la figlia, effettivamente si vede fuoriuscire del fumo dalla parte anteriore del veicolo ma non c'è traccia, apparentemente, di fiamme.
Per il Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Venezia, Mauro Luongo, "a complicare le operazioni di soccorso sono state le batterie che hanno preso fuoco con l’impatto. Le batterie hanno delle criticità quando sono calde, abbiamo dovuto aspettare che si raffreddassero per rimuoverle".
Mestre, il comandante dei vigili del fuoco: "L'estrazione delle persone dal pullman è stata complicata"
Massimo Fiorese, amministratore delegato dell'azienda La Linea Spa a cui apparteneva il bus precipitato, sostiene invece che "l’autobus non ha preso fuoco, ha fatto solo qualche fiammella. Essendo elettrico, se avesse preso completamente fuoco sarebbe stata una tragedia anche peggiore".
Il modo in cui divampano le fiamme, in effetti, è un'altra differenza chiave tra gli incendi causati da un'auto elettrica o da un'auto a benzina. Nel primo caso le fiamme si propagano abbastanza lentamente, mentre nel secondo avvolgono i veicoli in pochi istanti, accompagnate da forti esplosioni. Quando le batterie vanno a fuoco, inoltre, generano roghi intensi che durano molto tempo e che possono essere potenzialmente tossici.
Nel caso delle batterie, inoltre, non è raro assistere al divampare di nuove fiamme anche quando sembra che l'incendio sia stato sedato. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui quelle del bus di Mestre sono state subito rimosse e messe in sicurezza dai vigili del fuoco di Venezia.
Non esistono studi in grado di certificare, con estrema certezza, se i rischi di incendio legati ai veicoli elettrici siano superiori (o inferiori) a quelli delle auto a benzina. Anche le statistiche non aiutano: i primi sono presenti su strada in un numero sensibilmente inferiore alle seconde.
Pare invece universalmente riconosciuta, soprattutto tra i soccorritori, la maggiore difficoltà nell’estinguere le fiamme generate dalle batterie agli ioni di litio. In questo caso, infatti, un generoso flusso d’acqua non solo è insufficiente ma potrebbe addirittura peggiorare la situazione. Questo è dovuto alla reazione chimica che avviene quando le batterie agli ioni di litio entrano in contatto con l'acqua: viene infatti prodotto gas idrogeno infiammabile che può alimentare le fiamme.
Nel 2021 i vigili del fuoco di Austin, in Texas, hanno raccontato di aver spento un'auto elettrica in fiamme con una quantità d'acqua 40 volte superiore alla norma, proprio a causa delle batterie agli ioni di litio del suo motore. Il veicolo in questione era una Tesla, vale a dire una macchina elettrica prodotta dall'azienda di cui è amministratore delegato Elon Musk.
Esiste un sito, chiamato “Tesla Fire”, che raccoglie tutti gli episodi di auto Tesla in fiamme a causa delle loro batterie: i casi “confermati” sarebbero 204 negli ultimi dieci anni. Il dato è significativo in quanto l’azienda guidata da Musk è la seconda casa automobilistica al mondo per numero di veicoli elettrici prodotti.
Il numero complessivo delle auto che vanno a fuoco ogni anno, solo negli Stati Uniti, è ben più alto: sono circa 117mila stando ai dati raccolti dalla National Fire Protection Association, un’organizzazione no-profit che punta a ridurre le morti dovute a incendi di qualsiasi natura."
https://www.elbareport.it/scienza-ambiente/item/63450-dal-riccio-alle-tartarughe-i-40-anni-di-legambiente-arcipelago-toscano
il marinese comincia parlando di Marciana Marina e del suo porto con evidente superficialità.
Non è la prima volta che nei suoi interventi ribadisce che, da ragazzi, lui e altri avevano previsto l'attuale tendenza all'insabbiamento a causa del prolungamento della diga foranea.
Forse, più che per competenze tecniche di morfodinamica costiera che non potevano avere al tempo (oggi se ne occupano invece ricercatori del CNR per la difficoltà della materia) potrebbero semplicemente aver tirato una monetina: vedrai, o l'una o l'altra. Nonostante le molte variabili in gioco, posidonia compresa, in quattro lunghi decenni. Così ne prendiamo atto anche questa volta. Lui lo sapeva, loro lo avevano previsto. Quindi? E allora? Secondo me lo sapevano in tanti, anche i lungimiranti amministratori del tempo, ma dare un ruolo, un indirizzo preciso e un futuro al Paese prevalse su tutto.
Tuttavia si dimentica costantemente di avvisare che in questi 40 anni, se da un lato il riccio prima e il cigno poi hanno fatto le loro battaglie e le loro pulizie a colpi di pennato e li rispetto, dall'altro i marinesi hanno potuto, grazie a quella grande opera, lavorare e mangiare. Alcuni troppo e a discapito di altri, ma comunque il porto ha condotto il Paese a una crescita indubbia, economica e soprattutto valoriale: è il porto che ha messo in contatto i marinesi con il resto del mondo, è il porto che ha saggiato la loro conosciuta accoglienza. Senza quel prolungamento, il porto avrebbe potuto ospitare tutt'al più qualche zaccarena e una decina di guzzetti, nemmeno in completa sicurezza.
Troppo facile, cari cittadini di Marciana Marina, dire "io l'avevo detto", senza rischiare mai di fare del bene o del male. Amministrare richiede coraggio e sono convinto che al tempo, le brave e lungimiranti persone di Marciana Marina (e non i "partiti che contavano" ai quali allude il buon Umberto) fecero benissimo a creare i presupposti del nostro discreto approdo, circondato da chilometri di costa pura e incantevole; porto che se necessiterà di qualche intervento correttivo, pazienza, se migliorativo, benissimo.
Sono convinto che chi persevera con un atteggiamento massimalista e risolutamente anti possibilista non amministrerà mai Marciana Marina e se ne andrà probabilmente osservando, crucciato, moderne draghe lavorare in quel porto che in maniera naturale o perché no innaturale, muta, come i tempi, gli uomini e le figurine stesse.
Dire che bisogna fare la carità ed essere compassionevoli con chi ha bisogno è una cosa da apprezzare. Se però questo principio vogliamo applicarlo utilizzando i soldi degli altri, non va certamente bene. Questo sta avvenendo ora in Europa, perchè la Germania, per citare un caso del momento, dice che bisogna aiutare i migranti- e questo va bene- finanziando però le ONG che li trasportano in Italia. La Germania avrebbe potuto fare un' altra cosa ed avrebbe riscosso apprezzamento unanime. Cioè apprezzamento unanime e quindi nessuna discussione tra Stati “fratelli”. Avrebbe potuto benissimo mandare proprie navi nel Mediterraneo oppure finanziare ONG dicendo loro: i migranti che prenderete, ce li date e noi li collocheremo a casa nostra, in Germania. Invece fa tutt'altra cosa.
Sono anni che si parla di redistribuzione dei migranti che arrivano in Italia e, da tanto tempo, si sa che ci sarà “una prossima riunione in sede UE dove si affronterà in concreto l'argomento”. Queste “prossime riunioni” , che poi si svolgono effettivamente, da anni, ma che non portano mai a risultati concreti a vantaggio dell' Italia, le conosciamo tutti , ormai.
Forse, andrebbe seguita la strada che ho sopraindicato. E cioè chi vuole effettivamente partecipare alla redistribuzione potrebbe prendere direttamente accordi con le varie ONG, farsi consegnare, da una o più ONG, i migranti raccolti in mare e quindi portarseli a casa, decidendo poi autonomamente se è il caso di respingere chi non ha le carte in regola. Ma potrebbe anche utilizzare proprie navi senza ricorrere alle ONG. Tutto questo in concordia con la UE, che non porrebbe certo, problemi.
Nessuno farebbe eccezioni, perchè dovrebbe? Francia, Germania, Olanda etc potrebbero seguire questa strada, e loro navi avrebbero certamente l'autorizzazione italiana per sostare anche in acque italiane, a questi fini.
Così non avviene per una sostanziale ipocrisia. E la UE cosa dice in merito? La UE proclama principi , molti principi. Poi, nella sostanza, ci sono contrasti anche molto forti tra Stati e la UE tace. C' è da essere perplessi…