Grazie per l'ospitalità
[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_31/capitaneria.JPG[/IMGSX] Si è conclusa in questi giorni una complessa attività di verifica ambientale condotta dalla Guardia Costiera di Livorno su alcuni cantieri navali presenti in ambito portuale.
L’attività d’indagine, iniziata nel 2019, ha visto passare al setaccio i principali impianti di deposito/rimessaggio nautico e di cantieristica navale che insistono sul porto labronico con gli uomini della Capitaneria di Porto, guidati dall’Ammiraglio Angora, impegnati in verifiche sugli scarichi idrici, sulla gestione dei rifiuti e sulle emissioni in atmosfera.
Dai controlli effettuati sono emerse una serie di violazioni in materia ambientale e demaniale e, in particolare, è stato accertato che tutte le attività ispezionate operavano in mancanza della Autorizzazione Unica Ambientale, la quale, introdotta nel nostro ordinamento nel 2013, consente di semplificare gli adempimenti amministrativi e di certificare la compatibilità ambientale delle attività produttive suscettibili di un impatto negativo sull’ambiente.
Sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Livorno, le violazioni accertate sono state sottoposte ad una specifica procedura prescrittiva, che consente ai soggetti che adottino i medesimi adeguamenti tecnici previsti dalla normativa per il rilascio della predetta autorizzazione, di beneficiare di una riduzione delle sanzioni a loro carico.
Tale circostanza ha fatto si che tutti i cantieri sottoposti ad accertamento ottenessero, nello scorso mese di luglio, l’Autorizzazione Unica Ambientale.
L’attività posta in essere dai militari della Guardia Costiera, che s’inserisce nell’ambito della più ampia strategia tesa ad assicurare la sostenibilità ambientale e la transizione ecologica, ha dunque consentito di reprimere e prevenire possibili fenomeni d’inquinamento dell’ecosistema marino e terrestre in ambito portuale, facendo si che in esso operino solo cantieri muniti dei provvedimenti autorizzativi e con impianti adeguati alla normativa vigente.
[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_31/monni.JPG[/IMGSX] costruzioni, una azienda elbana specializzata in lavori rivolti all’edilizia. Una S.r.l. nata da un’intuizione di Samuel Monni che fra le altre cose collabora con la ditta Claudio Monni (padre di Samuel) qualificata in lavori stradali e molto conosciuta sul territorio isolano.
Liam Srl è stata pensata per un’esigenza richiesta dal mercato attuale dove quando si parla di edilizia si parla di cessioni del credito o bonus di vario tipo. Ed ecco che Liam costruzioni generali si pone come l’azienda che fornisce un pacchetto completo per coloro che hanno bisogno di ristrutturazioni di immobili, rifacimenti, coperture, e tutti i lavori nel campo edile, sbrigando anche le pratiche per le agevolazioni fiscali. Questo grazie alla collaborazioni con professionisti e istituti bancari di fiducia. Liam srl costruzioni generali, è stata già scelta da molti clienti, che hanno giudicato positivamente la serietà dimostrata nel lavoro e nel disbrigo delle pratiche occorrenti.
“Ringrazio pubblicamente tutti coloro che ci hanno dato fiducia e tutti coloro che lo faranno, dice Samuel Monni – titolare dell’azienda, il nostro obiettivo è mantenere e migliorare se possibile i servizi offerti fino ad oggi con la ditta Monni , e porre la nuova azienda al centro del mercato edilizio con serietà e professionalità”.
[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_31/vaiolo.JPG[/IMGSX] Può essere interessante, quindi, ripercorrere alcuni episodi della storia secolare dei vaccini, che può dimostrare quanto, in effetti, ci sia di vero in quest’affermazione.
La storia dei vaccini è forse uno dei capitoli più ricchi, affascinanti e avvincenti della storia della medicina. “Ricco” perché include non solo una serie di straordinarie scoperte in diversi campi della biomedicina – dall’esistenza dei batteri e dei virus, alle dinamiche ecologiche ed evoluzionistiche dei complessi rapporti fra “germe”, “vettore” e “ospite”, fino ai delicati meccanismi del sistema immunitario umano – ma anche di dibatti e, a volte, veri e propri scontri ideologici e politici. “Affascinante” perché ci fornisce esempi di solidarietà individuale e sociale, spesso imperniati di quello spirito illuministico tipicamente europeo col quale si è tentato di realizzare l’equazione fra conoscenza scientifica e “bene comune”. “Avvincente” perché costellata di gesti eroici, alcuni dei quali al limite del temerario, ma anche clamorosi fallimenti, così come di procedure e sperimentazioni che ai nostri occhi possono sembrare, a volte, discutibili. E persino a prescindere da tutto questo, l’impatto che le vaccinazioni hanno avuto nel ridurre la mortalità infantile, nell'aumentare l’aspettativa di vita e nel migliorare la salute umana, sarebbe ampiamente sufficiente a giustificare il posto di rilievo loro assegnato.
vaccinazione
Edward Jenner e il vaccino anti-vaiolo
Il vaccino antivaiolo fu il primo a essere scoperto, a fine Settecento, dal medico inglese Edward Jenner, una figura che spesso, a torto, viene dipinta come un “semplice” medico di campagna. In realtà, Jenner era un uomo colto che aveva avuto un’educazione di alto livello. Per esempio, era stato allievo del celebre John Hunter, forse il più importante chirurgo del suo tempo, oltre che anatomista e naturalista. Prima della scoperta di Jenner, esisteva già una pratica secolare che potremmo definire “proto-vaccinale”, quella cioè della “variolizzazione”, basata sull’osservazione secondo la quale chi guariva dalla malattia poi ne restava immune. Si inoculava nel paziente sano del pus o della polvere delle escare prelevate da un individuo affetto da una forma lieve di vaiolo, pensando, così, che potesse contrarre anch’egli una forma lieve e risultare, poi, immune per tutta la vita alla malattia, lieve o grave che fosse.
Naturalmente, la pratica era piuttosto rischiosa, perché poteva causare la malattia vera e propria e, persino, determinare l’emergenza di epidemie iatrogene. Jenner, invece, notò che i mungitori che entravano a contatto col pus del vaiolo vaccino, cioè una malattia che colpiva le mammelle delle vacche con pustole simili a quelle del vaiolo umano, di solito erano immuni al virus che colpiva l’uomo. E in effetti oggi sappiamo che vaiolo umano e vaiolo vaccino sono causati da virus simili, appartenenti alla famiglia dei “poxvirus”, e quindi il virus animale può immunizzare contro la temibile malattia umana. Si trattò, si noti, di una rivoluzione squisitamente “empirica”, cioè basata sull’osservazione e sulla sperimentazione in soggetti sani e ammalati, in cui la ripetuta e verificata efficacia della procedura era sufficiente a giustificarne l’utilizzo, dato che non erano disponibili, all’epoca, conoscenze microbiologiche e immunologiche basilari per comprendere i meccanismi d’azione del vaccino.
Il vaccino “Jenneriano” si diffuse rapidamente in tutta Europa e nelle Americhe. Molti medici, fra cui l’italiano Luigi Sacco, noto come il “Jenner italiano” e al quale è ancora dedicato l’ospedale Sacco – appunto – di Milano, sperimentarono su se stessi il vaccino, inoculandosi prima il vaiolo vaccino e poi quello umano per provare l’avvenuta immunizzazione. Inoltre, già Jenner aveva scoperto che il vaiolo vaccino poteva essere trasmesso da uomo a uomo, e questo permetteva di avere sempre a disposizione una fonte di pus vaccinico per procedere a nuove vaccinazioni. Proprio questa procedura permise la prima campagna internazionale di vaccinazione della storia, che fu condotta contro il vaiolo nelle colonie spagnole delle Americhe fra 1803 e 1806 dal medico Francisco Javier de Balmis, trasportando 22 ragazzi orfani come fonte “vivente” di virus vaccinico, passato di braccio in braccio durante il corso della spedizione. A quest’evento sono stati dedicati diversi documentari e film, uno dei quali, prodotto in Spagna, s’intitola “22 ángeles”, riferendosi, appunto, ai 22 ragazzi che permisero questa straordinaria impresa umanitaria. A questa impresa si ispirò il dr. Carlos Canseco, Presidente del Rotary International, ad avviare, nel 1982, il programma internazionale “Polio Plus”, tutt’ora in corso, per eradicare la poliomielite, per la quale esiste un vaccino efficace dal 1955.
ospedale
È interessante notare che, a parte il vago timore che l’inoculazione di una malattia animale potesse avere effetti pericolosi nell’uomo – alcuni, persino, paventarono il timore di acquisire i “vizi” delle vacche – e a parte alcune timide, a dire il vero, perplessità teologiche, secondo le quali il vaccino contravveniva i piani di Dio, la questione maggiormente dibattuta in diversi Stati europei nel corso dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento fu quella dell’obbligatorietà della vaccinazione. L’Inghilterra, patria delle dottrine liberali contrarie a qualsiasi azione governativa che potesse interferire sulle libere scelte dei cittadini, vide l’avvicendarsi di società e “leghe” anti-vaccino che influirono, in particolare, l’opinione pubblica americana. E proprio qui avvenne una battaglia legale che, a suo modo, fece scuola, perlomeno in territorio statunitense.
Nel 1902, in seguito a un’epidemia di vaiolo, la città di Cambridge, Massachusetts, obbligò tutti i cittadini a vaccinarsi. Henning Jacobson si rifiutò sulla base dell’idea che questa legge violasse il suo diritto di curare il proprio corpo. Vi fu un procedimento legale fra Jacobson e la città a seguito del quale il cittadino fu condannato. Jacobson si appellò alla Corte Suprema degli Stati Uniti la quale, nel 1905, confermò la sentenza di Cambridge, elaborando il principio secondo cui, in caso di minaccia alla salute pubblica, il bene pubblico fosse superiore alla libertà individuale. Tale sentenza rappresenta ancora oggi una pietra miliare nella giurisprudenza americana in caso, appunto, di conflitto fra diritti individuali e “public good”.
Fra il 1967 e 1979, l’Organizzazione mondiale della Sanità condusse una campagna di vaccinazione a livello mondiale grazie alla quale, il 9 dicembre 1979, questa malattia fu trionfalmente dichiarata “eradicata”. Si noti che, ancora oggi, il vaiolo è la sola e unica malattia del tutto scomparsa nella popolazione umana. E questo, appunto, grazie alla vaccinazione.
Pasteur
Pasteur e il vaccino contro la rabbia
Louis Pasteur, padre della batteriologia e fra i primi a dimostrare la “teoria dei germi” – cioè la teoria secondo la quale le malattie infettive erano causate da un agente microscopico “vivente” – rappresenta un altro fondamentale capitolo nella storia della vaccinazione. Con Pasteur, si sviluppa ulteriormente il concetto di “attenuazione” secondo il quale, cioè, il “germe” poteva essere attenuato in vari modi – passandolo serialmente in animali diversi, o in colture cellulari, o “aggredito” con calore od ossigeno – per renderlo innocuo, ma, allo stesso tempo, capace di suscitare la risposta immunitaria. Pasteur riuscì ad attenuare, in primo luogo, il bacillo del colera dei polli che era stato isolato qualche anno prima.
La scoperta, in realtà, fu dovuta a una di quelle fortunate casualità che si incontrano, a volte, nella storia della scienza. Pasteur scoprì che certe colture “vecchie”, cioè che aveva dimenticato in laboratorio nel corso delle vacanze, fornivano un virus fortemente attenuato ed efficace, quindi, nell’indurre l’immunità nei polli contro il colera. Come spiegò Pasteur stesso era stata la prolungata esposizione all’ossigeno ad attenuare i germi.
Dopo aver sviluppato, allo stesso modo, un vaccino contro l’erisipela suina, si dedicò allo studio della rabbia. All’epoca si pensava che l’agente patogeno risiedesse solo nella saliva del cane, mentre Pasteur dimostrò che si trovava nel sistema nervoso, sebbene non disponesse di microscopi abbastanza potenti per individuarlo, visto che non si trattava di un batterio, ma, appunto, di un virus, l’osservazione dei quali sarà possibile solo con l’avvento della microscopia elettronica. Si convinse, poi, di poter ottenere un virus attenuato attraverso l’esposizione all’aria di midollo spinale di coniglio infettato. Nel 1885 ottenne uno straordinario successo inoculando questa sostanza in alcuni pazienti morsi da cani rabbiosi, e la riuscita del suo vaccino lo rese ancora più famoso in tutto in modo.
Robert Koch e la tubercolina, i suoi assistenti e la sieroterapia
L’altro grande rappresentante della microbiologia ottocentesca, nonché rivale di Pasteur nella corsa all’isolamento di batteri e all’introduzione di nuovi vaccini, fu Robert Koch. Se in Francia la nuova disciplina era definita “microbiologia”, in Germania era nota come “batteriologia”: una semplice questione terminologica che, in realtà, nascondeva una spiccata rivalità fra i due paesi. Ebbene, Koch è universalmente noto per aver isolato, per primo, il “bacillo” della tubercolosi, ancora oggi chiamato “bacillo di Koch”, scoperta che gli valse il Nobel nel 1905. Tuttavia, fu anche protagonista di un clamoroso fallimento.
Egli infatti tentò in ogni modo di produrre un vaccino, ma la sua “tubercolina” si rivelò del tutto inefficace, sebbene fu poi utilizzata, con successo, nella diagnostica della malattia. Per inciso, il primo vaccino contro la tubercolosi fu introdotto da Albert Calmette e Camille Guérin. I due ricercatori francesi trasferirono un ceppo di batteri di tubercolosi bovina per 230 volte, lungo un periodo di ben 13 anni, in terreni di coltura costituiti da bile, glicerina e patata, ottenendo, così, un germe non virulento che fu chiamato “Bacillus Calmette-Guèrin” e utilizzato a partire dai primi anni Venti del Novecento.
Qualche anno prima di Koch, nel 1901, il Nobel per la medicina era stato assegnato a Emil von Behring e Shibasaburo Kitasato – entrambi avevano lavorato con Koch stesso a Berlino – per i vaccini contro la difterite e il tetano. In questo caso, non si trattava di iniezione di “germi” in qualche modo attenuati, ma di vaccinazioni attraverso preparazioni di siero sanguigno di animali infettati che avevano sviluppato gli “anticorpi” alla malattia. Nasceva, con ciò, la sieroterapia. Un’antica pratica riutilizzata diverse volte nel corso della storia successiva – non ultima contro le epidemie di Ebola – che, tra l’altro, oggi è nuovamente sotto i riflettori nelle discussioni sulle possibili terapie contro il Covid-19.
Il vaccino antipoliomielite
L’attenuazione attraverso passaggi in un ospite “inabituale” – inabituale, cioè, rispetto agli organismi normalmente infettati – fu realizzata per ottenere il primo vaccino contro la poliomielite. Hilary Koprowsky sviluppò un vaccino orale ottenuto attraverso passaggi seriali del virus della malattia in embrioni di pollo e topo, testato per la prima volta nel 1950, ma entrato in produzione e diffuso, soprattutto in Africa, solo diversi anni dopo.
Nello stesso periodo, Jonas Salk e Albert Sabin lavorarono a un vaccino percorrendo strade diverse da un punto di vista tecnico-scientifico e, inoltre, con una certa rivalità reciproca. Salk ottenne dagli Stati Uniti dei mezzi senza precedenti – dal punto di vista dei fondi, del personale di laboratorio e dei soggetti sperimentali – per sviluppare un vaccino basato su virus inattivato. Dopo essere stato sperimentato da Salk su sé stesso e in seguito su diversi soggetti con successo, il farmaco fu presentato al mondo, in modo trionfale, nel 1955. Alber Sabin, invece, ottenne il vaccino attraverso la cultura in vitro di cellule utilizzate come substrato per la replicazione del virus. Il suo preparato riscosse un certo seguito. Sebbene negli Usa fu surclassato da quello di Salk, in altri Paesi fu preferito a quest’ultimo.
La corsa al vaccino contro la polio, tuttavia, fu costellata anche da incidenti e controversie, reali o presunte tali. Il vaccino di Koprowsky, ad esempio, è stato oggetto di una grave controversia, che si è rilevata, tuttavia, infondata. Si diffuse, infatti, quella che oggi potremmo definire come “fake news”, secondo la quale una partita di vaccino di Koprowsky, distribuita nel Congo Belga, sarebbe stata contaminata dal virus degli scimpanzé ritenuto progenitore dell’HIV umano, favorendo con ciò lo “spillover” – termine tecnico che, oggi, è divenuto tristemente popolare a causa, ancora una volta, del Covid-19 – del virus dalla scimmia all’uomo.
Oggigiorno, nel pieno dell’“era molecolare”, la ricerca e la produzione di vaccini sta seguendo strade sempre più promettenti, basate, appunto, sull’ingegneria molecolare e genetica che permette la produzione di farmaci con una sicurezza che potremmo definire “senza precedenti”. Ci risulta difficile, perciò, capire come possano esserci ancora – dopo ben due secoli di risultati inequivocabili – dei movimenti d’opinione contrari alla vaccinazione.
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Nel mese di marzo u.s. avevo già affrontato questo argomento che aveva avuto eco anche sulla stampa nazionale ma che non aveva avuto riscontro da parte del Presidente della Regione e oggi, alla luce dell'andamento dei contagi, dovuti anche alla cosiddetta variante Delta, penso che possa essere ancora utile per raggiungere l’obiettivo che io avevo già auspicato.
Il Presidente Giani, in primavera, ha detto anche cose buone e giuste riguardo all'Isola d'Elba zona bianca ma in quel momento ha contemporaneamente perso la prospettiva dell'opportunità di un’azione incisiva e di una strategia più complessa per raggiungere un obiettivo più organico che avrebbe avuto un respiro nazionale.
Il primo equivoco di Giani è stato parlare di Isola d’Elba, il secondo è stato parlare di Arcipelago e il terzo equivoco è stato di chiedere per l’Elba e l’Arcipelago la zona bianca.
In Italia, salvo errori, ci sono 27 isole minori abitate e suddivise in sei regioni: Capri, Ischia e Procida per la Campania; Capraia, Giglio, Gorgona e l'Elba per la Toscana; Ponza e Ventotene per il Lazio; Isole Tremiti per la Puglia; Pantelleria, Lampedusa, Linosa, Favignana, Marettimo, Levanzo, Ustica, Lipari, Vulcano, Stromboli, Panarea, Filicudi, Alicudi e Salina per la Sicilia; Sant’Antioco, San Pietro e la Maddalena per la Sardegna.
E’ chiaro quindi che innanzi tutto non si può e non si deve parlare di Arcipelago ma di ogni singola isola e per secondo che i dati di ogni isola minore devono essere valutati autonomamente non solo dai dati della Regione di appartenenza, ma anche dai dati dalle altre isole dello stesso Arcipelago. Va da sè che ogni isola è diversa dall’altra con differenze numeriche e di densità abitative significative. Si pensi agli oltre 60.000 abitanti di Ischia, ai 30.000 dell’Elba, ai 14.000 di Capri per finire ai 10 abitanti di Giannutri.
Come tutti abbiamo imparato a conoscere, il governo italiano, a fronte del miglioramento della situazione epidemiologica, ha modificato il precedente sistema di attribuzione dei colori alle regioni in base al quale determinare la tipologia di restrizioni. Il nuovo sistema si basa sull’incidenza dei contagi e sul tasso dei ricoveri in ospedale: sui dati di questi indicatori la cabina di regia del Ministero della Salute attribuisce il colore alla regione e le rispettive restrizioni.
Quello che deve essere quindi chiesto al Governo da tutti e sei i Presidenti di Regione interessati (l’unione fa la forza) è che questo calcolo non sia fatto solo a livello regionale ma anche Isola per Isola. Oltretutto si tratta di un calcolo veramente semplice grazie al basso numero di abitanti ma soprattutto al basso numero di contagi che interessa le nostre piccole isole.
Il raggiungimento di questo obiettivo e il suo mantenimento, meritandolo sul campo in base al rispetto degli indicatori che determinano il colore bianco, sarebbe per la nostra Isola una promozione turistica eccezionale almeno per i mesi di settembre e ottobre, in un periodo in cui la GAT niente fa e anzi “è riuscita nell’impresa” di chiudere il bilancio 2020 con un avanzo di ca. 1.500.000€…..
Ruggero Barbetti
P.S.: un tempo esistevano anche le manifestazioni oceaniche sotto i balconi……………comunque anche con il Covid-19 e con il GREEN PASS………………….
Un cartello multicolore di benvenuto ha accolto la ristretta delegazione del Lions Club Isola d’Elba, guidata dal Vicepresidente Francesco Andreani, recatasi in visita nella mattina di mercoledì 4 agosto per un sopralluogo al resede in cui il personale e gli ospiti del Centro Disabili di Casa del Duca svolgono un’attività di orticoltura.
Come precisato dalla coordinatrice del Centro Emanuela Veludo, la laboriosità, l’impegno progettuale (es. i filari degli ortaggi a dimora sono distanziati per permettere il transito di poltrone a rotelle) e manuale, la soddisfazione nel risultato del raccolto ed il suo diretto utilizzo per la preparazione dei pasti quotidiani contribuiscono a migliorare la qualità di vita aii 20 ragazzi assistiti che attualmente, a causa delle restrizioni sanitarie, frequentano il Centro a gruppi di 10 a giorni alterni, ma che nell’attesa di una mirata disposizione della Regione Toscana a breve potrebbero essere accolti giornalmente tutti insieme.
L’organizzazione dell’orto, come ha sottolineato la sua ideatrice Maria Alessandri, è iniziata quasi per gioco circa otto anni or sono con mezzi rudimentali di fortuna con lo scopo di coinvolgere ed impegnare i ragazzi ospiti. I risultati non hanno tardato ad arrivare grazie anche al contributo di volontari, di aziende agricole e della CISSE, ma circa tre anni fa è giunto l’impulso determinante del Lions Club che, su ispirazione del socio Paolo Cortini, già impegnato per conto del Club su di un terreno confinante con gli alunni della Scuola Primaria di Casa del Duca per l’Orto in Classe, ha portato il suo contributo al miglioramento del lavoro coinvolgendo il suo sodalizio per la fornitura di mezzi, sementi e piante.
Nel corso della visita i responsabili del Centro hanno palesato ai lions alcune migliorie e necessità che potrebbero agevolare il soggiorno degli ospiti, ricevendo in risposta che queste verranno messe all’ordine del giorno del prossimo Consiglio Direttivo e valutate in rapporto alle disponibilità del Club.
L’ incontro si è concluso con un apprezzato rinfresco offerto dal Centro e consumato insieme agli ospiti e agli operatori.
Termini di presentazione delle domande 31.10.2021 Con deliberazione del Consiglio Comunale n.50 del 31.07.2021 è stata approvata la modifica al Regolamento Comunale della TA.RI (Tassa sui rifiuti), componente IUC, con l’introduzione dell’art.16 bis – RIDUZIONI COVID-19, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica in corso, corrispondente all’applicazione di una riduzione del 30% (trenta percento) della parte fissa e della parte variabile per le utenze non domestiche. L’Anci ha fornito chiarimenti in merito alle agevolazioni TA.RI non domestiche 2021 e ai termini per le deliberazioni da parte dei Comuni. In particolare, riguardo gli ulteriori e distinti fondi con la finalizzazione specifica del finanziamento di agevolazioni a favore delle utenze non domestiche TA.RI per il 2021. Alle utenze non domestiche, nessuna esclusa, esercitanti nel Comune di Capoliveri, che per l'anno 2021 sono state soggette a chiusure, sospensioni, ridimensionamenti, limitazioni orarie di apertura e chiusura d’esercizio, e/o limitazioni e restrizioni varie nell’esercizio delle rispettive attività economiche e lavorative come disciplinato dai DD.PP.CC.MM. e decreti regionali che si sono susseguiti a partire dall’8 marzo 2020 causa del COVID -19, verrà riconosciuta una riduzione TA.RI del 30% per l’anno 2021. Nella riduzione TA.RI del 30% per l’anno 2021, è ricompresa altresì la riduzione del 10% prevista dall’art. 16 comma 2 del Regolamento Comunale della TA.RI per “locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente”. Ai fini dell’applicazione della suddetta riduzione è necessario che i titolari delle utenze interessate presentino apposita domanda al Comune, mediante compilazione del modello predisposto da questo Ente o mediante istanza in autocertificazione attestante quanto indicato nell’art.16 bis – RIDUZIONI COVID-19 del nuovo Regolamento Comunale TA.RI entro il termine perentorio del 31.10.2021. A documentazione ricevuta, l’ufficio provvederà al ricalcolo della terza rata 2021 con l’applicazione della riduzione del 30% . L’autocertificazione dovrà essere compilata in ogni sua parte, sottoscritta ed inviata unitamente ad un documento di identità in corso di validità del sottoscrittore all’indirizzo di posta elettronica protocollo@comune.capoliveri.li.it L’ufficio tributi rimane a competa disposizione per eventuali chiarimenti che si rendessero necessari.
Il Funzionario Responsabile Sig. Melis Maurizio