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Linda Del Bono


da
Linda Del Bono


pubblicato il 23 Giugno 2009

alle
10:21

Cit. “ma dove esiste che un cittadino di un altro stato possa, perché è residente, decidere sul futuro del mio paese, città, regione o stato? Questo è un modo non democratico per la gestione della cosa pubblica.”

Buongiorno a tutti,
lungi da voler dare lezioni di dinamiche socio-politiche, ho estratto un paio di cosucce dal mio manuale, ovvero testo universitario, che potrebbero essere utili alla definizione del problema/questione. Procediamo con una analisi storica del fenomeno migratorio:

Dal 1945 l’Europa è diventata punto d’arrivo di MILIONI DI IMMIGRATI provenienti dal Terzo Mondo. All’inizio degli anni ‘60 si instaura un processo per il quale la forza lavoro delle aree meno sviluppate poste al sud del Mediterraneo COPRIVANO LE ESIGENZE del mercato del lavoro dell’Europa nord occidentale.

La data che separa le due fasi economiche (primo periodo economia in crescita e assorbimento manodopera – secondo periodo crescita economica senza assorbimento forza lavoro) è il 1973, anno in cui i paesi produttori di petrolio aderenti all’Opec aumentano rapidamente il prezzo del greggio ( da 1 a 9 $ al barile) e pongono limiti alle estrazioni annuali; segue la FINE DELLA FORTE CRESCITA ECONOMICA EUROPEA iniziata nell’immediato dopoguerra (caratterizzata da riduzione di diseguaglianze sociali, diffusione benessere, piena occupazione) determinando DIMINUZIONE DEGLI INVESTIMENTI E L’AUMENTO DELL’INFLAZIONE.

La crisi innescata dall’Opec determina inoltre conseguenze negative sui paesi ad economia debole che non riescono stare al passo con lo sviluppo. La crisi occidentale ebbe effetti negativi per i paesi sprovvisti di petrolio che vedono ridurre le esportazioni di materie prime a causa della recessione (dei paesi prima economicamente forti) ed aumentare il prezzo dei prodotti di importazione.

INIZIA COSÌ L’INDEBITAMENTO CHE TUTT’OGGI NON CONSENTE ALL’ECONOMIA DEL TERZO MONDO DI DECOLLARE.

La strategia globale dei paesi occidentali fu di ridurre i costi del lavoro (meccanizzazione) e la dipendenza dal petrolio. Ciò ha consentito negli anni ‘80 di avviare una nuova FASE ESPANSIVA DELL’ECONOMIA (calo inflazione, stabilità dei cambi, aumento investimenti e consumi, riduzione disoccupazione) che ha però CONNOTATI DIVERSI dal passato: si assiste ad una crescita economica cui non consegue una crescita della domanda di manodopera, SITUAZIONE CHE PERALTRO NON È DESTINATA A CAMBIARE.

IL FENOMENO MIGRATORIO successivo al secondo conflitto mondiale si distingue in due periodi con caratteristiche distinte. Il primo periodo (1950- 73) è caratterizzato da una politica di porte-aperte e dalla temporaneità della permanenza: ovvero I LAVORATORI IMMIGRATI RITORNANO NEI LORO PAESI DI ORIGINE. Il secondo periodo (1973 in poi) è invece caratterizzato dalla STABILIZZAZIONE IN EUROPA, conseguenza della CHIUSURA DELLE FRONTIERE messa in atto a seguito della diminuzione della manodopera e degli ATTEGGIAMENTI DI INTOLLERANZA.

Come si evince da quanto sopra, non credo che un atteggiamento di ulteriore chiusura possa essere vincente. Al limite potrebbe essere utile indirizzare la politica sull’immigrazione nel tentativo di capire realmente in quale ottica l’immigrato desidera stare nel nostro paese, ovvero di temporaneità o stabilità? Nella seconda ipotesi, dato che il nostro sistema tributario preleva dagli stipendi dei sudetti, e dai nostri, diversi soldini….è un po’ troppo comodo pretendere il pagamento di tasse per 40 anni, e non concedere il diritto di voto perchè sono solo residenti e non cittadini italiani. In quest’ottica i solo “soggiornanti” e non cittadini dovrebbero avere dei trattamenti speciali, tipo pagare meno tasse, ecc. Insomma non si può avere la botte piena e la moglie briaca. O li vogliamo, e li trattiamo come gli altri, o non li vogliamo, e poi ci prendiamo tutte le conseguenze…compreso svolgere quelle mansioni che gli italiani non svolgono da almeno un secolo.
Cordialmente

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