[COLOR=darkblue][SIZE=5]Il MUSEO DELLA ZECCA ALL’ INTERNO DEL MAUSOLEO ETRUSCO [/SIZE] [/COLOR]
di Alberto Zei
Dalle ultime pubblicazioni di articoli e di resoconti riguardanti l’ ipogeo di Marciana, si concretizza in modo sempre più delineato il travisamento di destinazione del cosi detto, Museo della Zecca, installato nell'ipogeo stesso. Poiché non si comprende questa ostinazione nell'avvalersi di così poco, per perdere così tanto, si fa sempre più probabile che vi sia qualche altra ragione di impedimento più importante del beneficio collettivo per la stessa Marciana e per tutta l’ Elba. Qualcuno già la conosce?
Con il passar del tempo, come di consueto avviene, gli argomenti a sostegno delle “realtà” romanzesche si assottigliano con l’acquisizione di particolari delle vicende; al contrario, le prove sulla realtà dei fatti si ottengono proprio con i dettagli che prima erano sfuggiti. Questa è la regola generale. Non fa eccezione il caso dell’ipogeo di Marciana: le peculiarità del sito ne accentuano il valore provante. Mentre, circa l’esistenza della zecca, emerge una serie quasi interminabile di dettagli contraddittori sulla plausibilità che quel luogo possa essere stato concepito, ma anche utilizzato in seguito come luogo di coniazione di monete; di converso le progressive nuove conoscenze di particolari costruttivi di questo manufatto arricchiscono di veridicità l’ipotesi della tomba etrusca, divenuta ormai, più che un’ipotesi, una quasi certezza.
Attraverso approfondimenti di archeologia comparata, questa volta con la Sardegna, si è potuto riscontrare che tra i popoli di quel tempo e in particolare tra quelli agevolati dalle comunicazioni marittime, questi avevano assimilato tra loro gli stessi costumi e gli stessi simboli religiosi rappresentativi della grande forza di coesione che le religioni soprattutto primitive, avevano in comune. Il raffronto è avvenuto tra le scoperte monumentali di carattere sepolcrale in Sardegna corredate di stele e l’ipogeo di Marciana in cui la stele raffigurata comprende la parete di fondo della celletta centrale.
La forza della persuasione – Sull’ipogeo di Marciana, come si ricorderà dalle recenti cronache, ci sono due diverse opinioni: una riconosce quel luogo come una Zecca del principato di Piombino in epoca indefinita tra il medioevo e Rinascimento; l’altra invece vi ravvisa una monumentale architettura sotterranea etrusca.
Ora, per quanto riguarda i sostenitori della tomba etrusca, vi è da dire che, se da un lato è vero che i numerosi indizi a favore non costituiscono prova assoluta della veridicità sull’origine del manufatto, dall’ altro lato è ancor più vero che l' ipotesi Zecca e altre abbastanza stravaganti non riuscirebbero a convincere neppure Cappuccetto Rosso.
In questo contesto di stallo della situazione che ha caratterizzato tanta animosità dialettica tra i diversi sostenitori, la maggior parte dei lettori interessati all’argomento è rimasta alla finestra in attesa di vedere almeno profilarsi all’orizzonte qualche barlume di definitiva chiarificazione sugli equivoci ingenerati. .
Va sottolineato che, effettivamente, i sostenitori dell’ipotesi del sepolcro etrusco, hanno illustrato e sorretto i loro punti di vista con argomentazioni quantomeno logiche e attendibili e, al tempo stesso, hanno rilevato una pluralità di inverosimiglianze per le quali questo “sprofondo” nella viva roccia granitica non potrebbe essere in alcun modo concepito come una zecca, neppure a livello di pura congettura.
Coloro che, invece, hanno ritenuto di individuare nell’ ipogeo una fabbrica di monete, poco o niente hanno detto a dimostrazione che quel luogo fosse stato scavato nel passato per tale scopo, così come vorrebbero, per volontà dei Principi Appiano al fine di ottenere una caverna con funzione di coniazione di monete nel proprio Principato. Infatti, l’impegno da loro profuso fino adesso, è stato indirizzato solo a mostrare, piuttosto che a dimostrare, che l’ipogeo non rappresentava alcun sepolcro etrusco ma che casomai, si sarebbe trattato di una cisterna, oppure di una neviera; e ciò nonostante che, in tal caso, il tipo di architettura per questo genere di funzione sarebbe da raccapriccio, a prescindere poi dagli effetti tossici della stagnazione delle acque prive di drenaggio che già nel medio termine inizierebbero a imputridirsi.
Una maggiore concretezza – A convalida della tesi che vede nell’ipogeo di Marciana un manufatto etrusco, si riportano le immagini di archeologia comparata pubblicate in questi giorni dal prof. Michelangelo Zecchini sul sito web Academia.edu all’interno di un saggio con un titolo eloquente:“Isola d’Elba: gli Etruschi negati nel nome di zecche e neviere. Il caso dell’ipogeo di Marciana”. Si tratta di immagini di tre stele antropomorfe, simulacri che, secondo le ricerche di eminenti studiosi, riproducono divinità dell’oltretomba poste a sentinelle di tombe (soprattutto monumentali) a tutela del riposo eterno dei defunti.
Due di queste sono state scoperte a Oragiana e Pischinainos, in Sardegna, a corredo di grandi sepolcri chiamati ‘Tombe dei Giganti’; l’altra, appiattita e appena rilevata rispetto alla roccia granitica, costituisce sostanzialmente la parete di fondo dell’ipogeo di Marciana, alla fine del dromos. Si tratta, come ben si vede in figura, di una sorprendente verosimiglianza delle fattualità stilizzate dei tipici guardiani dei sepolcri, riconoscibili per la forma monumentale antropomorfa con due cavità che rappresentano gli occhi, presso l’estremità distale (testa). .
Queste figure di divinità (non si sa se femminili o maschili) si ergevano a difesa dei sepolcri. Secondo credenze magico-religiose, con le loro cavità oculari, in luogo degli occhi fissi, sempre indirizzate verso eventuali profanatori, dovevano incutere timore reverenziale da far desistere gli stessi dal sacrilegio. In caso contrario, infatti, osservati e riconosciuti avrebbero poi subìto il relativo castigo per la loro empietà. Le stele (denominate betili) sarde di Oragiana e di Pischinainos si comparano abbastanza agevolmente per la loro stretta somiglianza con quella dell’ipogeo etrusco di Marciana, sulla cui genesi e funzione alcuni intenderebbero ancora discutere.
Ipogeo di Marciana - Dalla osservazione proprio di tali particolarità, si evidenziano invece, in virtù del confronto tra le immagini, non tutte qui riportate, sorprendenti caratteristiche comuni.
La tomba etrusca di Castellina in Chianti ha una planimetria del tutto simile, orientamento cardinale compreso, a quella di Marciana; così come i graffiti della volta della tomba sarda di S. Stefano di Oschiri, mostrano le caratteristiche analogiche con quelle che ancora restano, tracciate nelle pareti dell’ipogeo di Marciana. Di contro né la tipica pianta circolare della neviera di Masi Torello (Ferrara), e tanto meno la planimetria rettangolare di numerose zecche del XVI secolo, potranno mai avvicinarsi come somiglianza architettonica a quella dell’ipogeo di Marciana, né potranno mai essere trovati argomenti a sostegno della loro anche casuale coincidenza.
Ma senza essere degli esperti, anche con il semplice buon senso, ben si comprende come le analogie strutturali architettoniche tra le stele sepolcrali del territorio di Oristano, la comparazione con la planimetria della tomba di Castellina in Chianti, le incisioni tracciate sulla parete dell’ipogeo di S. Stefano di Oschiri, nonché la struttura interna dello stesso ipogeo di Marciana, purtroppo oggi allestito come zecca, non diano gran margine a ipotesi diverse dall’ unica verosimile per motivazioni logiche nonché per quantità e qualità di indizi, ossia quella di architettura funeraria etrusca.
Viene in mente a proposito una lettera del Prof. Francesco Mallegni, apparsa qualche tempo fa sui quotidiani dell’Elba. Il noto docente ordinario di Antropologia all’Università di Pisa, commentando le diverse supposizioni sulla natura dello stesso ipogeo, anche da lui ritenuto un mausoleo etrusco di notevole valore, iniziava in modo significativo e lapidario con il proprio dissenso sulle altre immaginose ipotesi: “Ma che zecca, ma che neviera!”