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Michelangelo Zecchini da Michelangelo Zecchini pubblicato il 30 Ottobre 2016 alle 5:23
[COLOR=darkblue][SIZE=5]MUSEO DELLA LINGUELLA: DOV'รˆ LA BELLA OINOCHOE ETRUSCA? [/SIZE] [/COLOR] La seconda metร  dell'Ottocento fu un periodo d'oro per l'archeologia elbana. Importanti ricerche furono effettuate in tutto il territorio da Raffaello Foresi e Vincenzo Mellini, due poliedrici studiosi che recuperarono una quantitร  di reperti preistorici, etruschi, romani, medievali. Consapevoli della rilevanza storica e scientifica dei manufatti raccolti con un lungo e paziente lavoro, entrambi lottarono senza successo per esporli in un museo. La collezione Mellini, che contava ben 2000 pezzi antichi, fu formalmente donata al Comune di Portoferraio nel 1886, ma il Museo Mellini non fu mai istituito e, con il passare degli anni, il numero degli oggetti si ridusse notevolmente. Una sorte non dissimile toccรฒ a Foresi, il quale, forte della sua grande collezione archeologica e mineralogica, avrebbe desiderato che a Portoferraio vedesse la luce un museo delle isole dell'Arcipelago, ma trovรฒ una collaborazione molto parca nell'amministrazione comunale di Portoferraio. Tanto che alla fine si decise, da solo e con le sue finanze, ad aprire nel 1873 al Ponticello il 'suo' Museo Foresi, tanto ricco che, come ebbe a scrivere il naturalista Giorgio Roster, โ€œa quest'ora dovrebbe essere patrimonio nazionaleโ€. Alla morte di Raffaello il museo chiuse i battenti, ma non cessarono i tentativi da parte di suo figlio Mario, inspiegabilmente respinti, di donare l'intero materiale al Comune di Portoferraio. Alla fine (forse fu una fortuna) la collezione fu acquistata dall'Universitร  di Firenze. Facciamo un salto di un secolo. Verso la metร  degli anni Settanta del secolo scorso mi misi alla ricerca di ciรฒ che rimaneva della collezione Mellini. Mi aiutรฒ il Sig. Gino Padroni, che la custodiva con cura nella palazzina dei Mulini. Fu lรฌ che studiai, fra altri interessanti reperti, una brocca etrusca per vino. Un foglietto consunto e ingiallito indicava la zona di provenienza: โ€œtrovato a S. Felo nella vigna di Simoni Lorenzoโ€. Due anni dopo (1978) l'oinochoe fu da me pubblicata nel libro โ€œGli Etruschi all'Isola d'Elbaโ€ con tre tavole di foto e con la seguente descrizione: โ€œ oinochoe del tipo con bocca a cartoccio (che manca) e ansa a nastro con piccola appendice all'attacco superiore...; decorata a figure rosse, presenta sul collo una testa femminile con volto sovradipinto in bianco-giallastro, mentre sul corpo sono rappresentate due teste femminili affrontate, divise da un altarino e delimitate da palmette; non c'รจ dubbio che ci troviamo di fronte a una brocca del gruppo Populonia Torcop โ€ฆ le predette caratteristiche fanno datare il vaso alla fine del IV o agli inizi del III secolo a. C.โ€. Alcuni anni fa, non senza compiacimento per l'opportuna collocazione, notai la suddetta brocca esposta in una vetrina del museo archeologico della Linguella. Di recente, avendo necessitร  di riesaminarla per datarla con maggiore precisione, l'ho cercata ma non sono riuscito a scorgerla. Forse dipende dalla mia vista che non รจ piรน quella di un falco? O forse รจ stata trasferita altrove per studio e restauro? Confidando nella gentilezza altrui (domandare รจ lecito, rispondere รจ cortesia), mi rivolgo ai responsabili del museo della Linguella per sapere dove si trova adesso la bella oinochoe etrusca. Michelangelo Zecchini
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