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conte di montecristo da conte di montecristo pubblicato il 31 Maggio 2009 alle 10:40
III puntata [COLOR=darkblue] "C'ERA UNA VOLTA UN' ISOLA, [/COLOR] con un paese chiamato Portotroiaio. Al tempo dal Castello del Biscotto governava il borgomastro Periberto, asceso al potere in circostanze tutt'oggi ancora da chiarire,"…. Si agitava insonne, nel suo castello e le poche volte che riusciva ad addormentarsi sognava il vecchio Borgomastro che continuava a guardarlo in viso e chiedere: “Perché? Perché mi hai fatto questo?“ La sua coscienza, che per tanto tempo aveva messo a tacere, si risvegliava e non lo lasciava in pace. E ne aveva motivo: siccome per far fuori il vecchio borgomastro i suoi “bravi” non erano stati abbastanza svegli, aveva cercato appoggi dai signori potenti del continente, che gli avevano mandato all’uopo, il Griso, un losco figuro, che avrebbe fatto giustizia, una giustizia assoluta, senza indulgenze né tremori. Il Griso aveva già decimato altri famosi Borgomastri in terre straniere. Gli era costato una cifra, utilizzando una pletora di azzeccagarbugli locali sempre pronti a tramar “cantando”, ma ne era valsa la pena, perché era riuscito in poco tempo a uccidere tutti gli avversari. Portotroiaio era sempre stata divisa tra due fazioni litigiose, ma lo erano così tanto che a volte sfuggiva il motivo di cotanta acredine. Tutti contro tutti. Come già disse un altro poeta, su queste pagine: “Qualcuno che si reputa “migliore”, si convince che il proprio “avversario” sia colpevole di gravi azioni non vere, e lo condanna , prima col pensiero, poi con parole, e a volte con lettere o denunce, magari (sicuramente) anonime…. La “poltronite” annebbia la ragione.” A Periberto non restava che continuare a spargere sale sulle ferite e offrirsi come cavaliere, senza macchia e senza paura per difendere quella “giustizia assoluta” che il Griso gli aveva permesso di sbandierare e, il gioco era fatto, o almeno fino ad ora aveva funzionato. Ma a dire il vero, non tutto il merito era stato suo: dietro le quinte, ben nascosto “l’Innominato” aveva orchestrato tutto. E non per conquistare una giovane pulzella, come pensereste voi, ma, come succede sovente, per motivi tutti suoi, legati ai suoi vasti possedimenti. Da dove veniva lui, l’Innominato, (una regione lontana chiamata Provenza), erano maestri a tramare nell’ombra e lui lo aveva fatto a più riprese, da lontano, nei vari Castelli dell’Isola, per sgominare tutti, anche quelli che si reputavano suoi accoliti, che, ignari erano caduti nelle sue reti. Agiva con cattiveria e determinazione anche quando non aveva un interesse diretto, solo per il gusto di tramare nell’ombra. Ma a Portotroiaio era diverso, lì c’erano i suoi possedimenti e non gli era andato giù che il vecchio Borgomastro non gli avesse concesso certi ampliamenti, alle spalle di quegli scemi che lottavano per la prima casa, e aveva gridato dal suo scranno, dove Lui lo aveva messo, contro i poteri forti… - Come osava mettersi contro di lui, gli avrebbe fatto pagare tale affronto spudorato!. Gli aveva messo allora alle costole tre scagnozzi, che non possedevano molto acume, ma erano fidati, ed ai quali aveva promesso denaro e potere. Con astuzia ed abilità aveva fatto fuori il vecchio Borgomastro e dato temporaneamente il potere a Periberto, sapendo benissimo che quell’incapace non avrebbe fatto danni, anzi non avrebbe fatto niente. L’Innominato nel suo castello, vicino al Biscotto, sorrideva tra sé: era stato facile mettere a tacere il vecchio Borgomastro: il Griso aveva fatto proprio un bel lavoro, al momento giusto e senza testimoni. Si sentiva onnipotente e cominciava a convincersi di poter prendere lui le redini del Castello di Portotroiaio, tanto che era riuscito a farsi designare dai Signori del Continente a cotanto onore. Aveva sfidato senza indugi Periberto sentendosi le spalle coperte e non si era reso conto che i furbi Signori del Continente tramavano anch’essi contro di lui per metterlo in cattiva luce con i sudditi di Portotroiaio, per non averlo più tra i piedi. L’Innominato aveva fatto le cose per bene. Aveva preso accordi con i Potenti e sguinzagliato i suoi scagnozzi a convincere con tutti i mezzi gli abitanti del castello. Doveva guardarsi però da suo fratello, lo scemo, che ogni tanto combinava qualche casino, ma in questa occasione lo aveva rinchiuso nelle segrete, per non rischiare altre inopportune alzate di “ingegno”. Non si esponeva mai, questo no, faceva parlare questo o quell’altro scemo del villaggio, stando a guardare e pavoneggiandosi della sua potenza. Del resto era bello, di una bellezza che i suoi avversari non possedevano, e la sua faccia perbene, avrebbe nascosto i suoi veri intenti. Lui, l’Innominato, non faceva nessun sogno, la sua notte era sì agitata, ma non aveva motivo di pietà alcuna, e poi, quelli che aveva eliminato erano molto più numerosi di quelli che il povero Periberto poteva immaginare, e si sa, dopo un po’, le cattive azioni diventano routine e ci si fa il callo……. Intanto Periberto, nel castello lì accanto, sapeva che si stava preparando la battaglia e che sarebbe dovuto scendere in campo prima o poi (meglio poi) e contava che sarebbe stato lui il vincitore, anche se ogni tanto gli veniva qualche dubbio, su quali fossero realmente le sue truppe, ma soprattutto per la defezione di un branco di Lupi che avevano preferito cacciare da soli. Si sa, Periberto un’aquila non lo era mai stato, e mentre si agitava nei suoi innumerevoli dubbi, il nostro Innominato era tranquillo, o quasi, della sua vittoria finale.
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