Nel "VENTENNIO FASCISTA" in un certo momento storico infausto per l'Italia, i giovani dell'epoca, oltre che in Africa, venivano mandati anche alla conquista della Russia, molti non sanno, mentre altri forse lo hanno dimenticatoโฆ.., e il popolo Russo e Ucraino che nonostante essere invasi, hanno dimostrato una grande umanitร accogliendo spesso nelle loro "dacie o isbe" quei giovani Italiani (nemici) che nella ritirata morivano a migliaia, e grazie alla stessa gente, in molti hanno potuto fare ritorno dalle loro famiglie. A tal proposito consiglierei a coloro i quali oggi con โfreddezzaโ trattano il problema degli immigrati, a leggere un libro (Il sergente nella neve) scritto da un giovane militare (Mario Rigoni Stern -1921-2008) che dopo la guerra รจ diventato giornalista e nel 1953 ha scritto un romanzo autobiografico. Si tratta della cronaca dell'esperienza personale vissuta dallo stesso che tutti a mio parere dovrebbero leggere per capire dove puรฒ arrivare la solidarietร , lโumanitร , e la disperazione di altri.
Riporto un passaggio dello stesso libro:
....Corro e busso alla porta di un'isba. Entro.
Vi sono dei soldati russi, lร . Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Essi stanno mangiando attorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio di legno da una zuppiera comune e mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz'aria. - Mniรฉ khocetsia iestj, - dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste piรน. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C'รจ solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto. E d'ogni mia boccata. Spaziba, dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. - Pasausta, - mi risponde con semplicitร . I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel vano dell'ingresso vi sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, รจ venuta con me come per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi dร il favo e io esco. Cosรฌ รจ successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale di quella naturalezza che una volta dev'esservi stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa tutti i miei gesti furono naturali, non sentivo nessun timore, nรฉ alcun desiderio di difendermi o di offendere. Era una cosa molto semplice. Anche i russi erano come me, lo sentivo. In quell'isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini un'armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di piรน del rispetto che gli animali della foresta hanno l'uno per l'altro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a โsaper restare uominiโ. Chissร dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra li abbia risparmiati tutti. Finchรฉ saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti come eravamo, come ci siamo comportati, i bambini specialmente. Se questo รจ successo una volta potrร tornare a succedere. Potrร succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e โdiventare un costume, un modo di vivere... โ.
Il M.del GRILLO-ROCCA da Capoliveri