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Dalle Zecchineidi di Berti alle Berteidi di Zecchini da Dalle Zecchineidi di Berti alle Berteidi di Zecchini pubblicato il 31 Luglio 2015 alle 3:37
[COLOR=darkblue][SIZE=4]BERTEIDE: SECCA REPLICA DEL PROF. ZECCHINI ALLE CRITICHE RIVOLTEGLI DAL PROF. BERTI. E NON FINISCE QUI... [/SIZE] [/COLOR] Non vedo e non sento il prof. Gian Piero Berti da circa mezzo secolo. E sinceramente non ne ho sentito per nulla la mancanza. Oggi mi ritrovo oggetto di un un suo attacco personale, tanto violento quanto sgangherato, condito qua e là di falsità, di inutili divagazioni e di pessime informazioni. Cercherò di rispondergli brevemente sia perché non sono dotato della sua ampollosità logorroica (si pensi: il suo articolo on line, di 15 pagine 15, è composto da oltre 60.000 caratteri), sia perché non ho voglia di perdere tempo con le astruserie uscite dalla sua penna. Prima di tutto, però, vorrei precisare che la sua disistima nei miei confronti è ricambiata molto cordialmente. Dal profondo dell'animo. Ecco il casus belli. O meglio: ecco l'assurdo pretesto della chilometrica filippica costruita in modo sbrindellato dal prof. Berti. Secondo l'ex preside, ex insegnante ed ex assessore, nel mio volume “Elba isola, olim Ilva. Frammenti di storia” avrei messo in atto “provocazioni che vogliono screditare il lavoro dell'Amministrazione di sinistra” di Giovanni Fratini additandola “al pubblico ludibrio”. Questa sua opinione, del tutto errata e non corrisponde alla realtà, è una delle tante prove che del libro Berti non ha capito nulla. Se lo rilegga con minori pregiudizi. Il prof. Berti dice di essersi irritato per la frase “profonda ferita che è stata inferta alle mura di Cosmopoli con l'apertura del fornice di Porta a Terra”, da me qualificata come “danno per sempre”, ma si dimentica di sottolineare (guarda caso) che quel “danno per sempre”, contenuto in un articolo sulle maggiori brutture subite dalla città nel corso del tempo, si riferisce in primis alla Gattaia e ai grattacieli. Inoltre non c'è alcun riferimento né a persone né ad amministrazioni. Forse quel che rode davvero il prof. Berti è che nello stesso articolo ho lodato la lotta (giusta e forte) di Arcipelago Libero/Elba 2000 contro l'orrendo scatolone della Gattaia. Se poi Berti vuole sentirmi ripetere che il 'traforo' della cinta muraria fu una scelta molto infelice, che non può essere giustificata né da problemi di traffico né da altre motivazioni, ebbene lo ribadisco: a mio avviso non esistono giustificazioni di sorta. Berti se le crei da solo (in questo è maestro) e con i suoi sodali, oppure, se crede, vada a cercarsele fra chi concepisce la tutela dei monumenti in modo molto più morbido e accomodante. Non posso sorvolare su un ragionamento bertiano di rara sottigliezza: siccome grandi città europee, fra cui Roma e Berlino, hanno subito sventramenti e manomisioni di grande portata, non si deve puntare l'indice contro quel 'buchetto'' rappresentato dal fornice di Porta a Terra! E' incredibile, ma il Berti-pensiero è così, raggiunge vette eccelse dove il mio limitato comprendonio non arriva. Davvero non lo capisco. E non lo capì nemmeno il grande giornalista Mauro Mancini, che bollò con parole di fuoco la decisione di sfregiare la cinta di Cosmopoli. Il prof. Berti vada a rileggersi quegli articoli, anche se dubito che possa trarne giovamento. Dal canto mio, al riguardo, devo ammettere un enorme errore giovanile, che non riesco ancora a perdonarmi: Mancini mi chiese di intervenire sul gravissimo problema, ma non lo feci. Non sarebbe servito a nulla, ma non lo feci. Essendo chiaro che non è il caso di controbattere punto per punto sia la miriade di malignità gratuite e ripetitive del prof. Berti, sia le infinite affermazioni peregrine che albergano nella sua ampia testa, mi limito a presentare solo quattro perle della sua sconclusionata invettiva. Comincio con la più grave, vale a dire con una palese e documentabile falsità. 1) “Il sindaco di Marciana Marina – tuona il Berti – progetta di coprire con una colata di cemento la spiaggia del lungomare che porta alla Torre”. E sottolinea: “col plauso di Zecchini”. Dove, come, quando ci sarebbe stato il mio plauso? Lei sa, prof. Berti, che non è vero, che la sua è una velenosa e infamante falsità. Questa non è una OPINIONE più o meno aspra e perciò giuridicamente lecita. Questa è UN'ACCUSA FALSA E GRAVEMENTE OFFENSIVA SCRITTA CON LA DELIBERATA CONSAPEVOLEZZA DI SCREDITARMI MORALMENTE E PROFESSIONALMENTE. Giudicherà chi di dovere se, come sembra, esistono profili di rilevanza penale. .....Intanto si vergogni! 2) Fra le tante amenità nelle quali il prof. Berti si crogiola, c'è quella sulla cronologia della Torre di Marciana Marina. Nel libro, dopo lunghi studi, la riferisco al 1560 circa sulla base di analisi tipologico-architettoniche e di documenti archivistici. Tale datazione è ormai comunemente accettata, ma il prof. Berti, dall'alto dei risultati conseguiti con le sue preziose ricerche (a dire il vero ignote, al pari delle inesistenti monete della cosiddetta zecca marcianese) la riporta tout court all'epoca pisana e, solo in subordine, all'epoca appianea o all'epoca medicea. Perché il prof. Berti, già che c'è, non aggiunge anche l'epoca romana? Nessuno può escludere che la Torre sia sorta su un'anfora cilindrica africana di tipo Dressel IIA. Non ho parole... 3) Secondo Berti In un articolo sul museo archeologico della Linguella ho avuto l'ardire di affermare che in una didascalia era presente un errore grammaticale inaccettabile, tanto più grave in quanto dovuto a specialisti di archeologia e non a studentelli di scuola media: “anfore fenice” era (ed è) scritto senza la necessaria 'i' (fenicie). Berti mi rimprovera aspramente e, con argomentazioni che, per usare un eufemismo, destano profonde perplessità, si allinea con l'autore della castroneria grammaticale affermando in sostanza che anfore fenicie si può scrivere anche senza la i. Sono costretto, perciò, a proporre a Berti una verifica oggettiva. Io sono pronto a elencare cento testi elaborati da professori universitari di archeologia e di glottologia in cui “anfore fenicie” è scritto correttamente con la i; Berti dimostri il contrario. Vediamo quanti esempi troverà... Non vorrei infierire, ma la sollecitazione è troppo allettante. Il prof. Berti sa chi era il prof. Riccardo Ambrosini? Credo di sì, ma a scanso di equivoci voglio ricordarglielo: Ambrosini, oltre a essere titolare della cattedra di linguistica generale all'università di Pisa, era un insuperato traduttore di testi greci nonché un altrettanto insuperato studioso delle strutture della lingua italiana. Ebbene, si dà il caso che il prof. Ambrosini abbia esaminato lo strafalcione grammaticale delle “anfore fenice” e lo abbia commentato (ci sono i testimoni) in modo eloquente. Con una sola parola: asini! Rifletta prof. Berti, rifletta. Anche perché penso proprio che nessuno le riconosca l'autorevolezza culturale per dare lezioni di grammatica italiana al prof. Ambrosini o a numerosi altri professori universitari. Dunque si rassegni e si dia una ripassatina alle regoline grammaticali di scuola media. Alla nostra età quasi veneranda (lei fra l'altro è anche un po' più vecchio di me) diventa una necessità. 4) Il prof. Berti, con una buona dose di puritanesimo d'altri tempi, è riuscito a inorridirsi per il fatto che, in un saggio sulla paretimologia (o etimologia popolare), ho chiesto ironicamente quali interpretazioni potrebbero emergere in seguito all'analisi di toponimi come culecchio e passera da parte di non addetti ai lavori. Apriti cielo, termini addirittura da interdire (ipse dixit) in quanto “plagio assai sbiadito ... dei film del ciclo Pierino e le soldatesse al distretto militare”: film pecorecci che, indirettamente, il professore dimostra di conoscere piuttosto bene, sia nei titoli che nelle sceneggiature. Povero prof. Berti, a quali limiti portano il patetico tentativo di difendere l'indifendibile, il livore covato chissà quanto, la volontà di criticare e di offendere a tutti i costi. Il minestrone tuttologico e appiccicaticcio da lui confezionato, che vorrebbe somigliare a una recensione, è riuscito a suscitare in me solo un sentimento di profonda tristezza. La foga di colpire, sempre e comunque, gli ha fatto perfino scordare in quale giornale ha pubblicato il suo ineffabile elaborato. Il prof. Berti dimentica (o fa finta di dimenticare) la singolare terminologia usata non di rado dal suo amico direttore. Gliela rammento: “fica ce n'è... flusso di favate... gli si dà la topa... sanno fa' una sega... la fava si ingrossa... ti facciano un culo come una capanna”. Credo che basti. Mi domando, prof. Berti: lei che è apparso tanto infastidito da innocui toponimi come culecchio e passera, cosa proporrebbe per cotante espressioni boccaccesche? Forse di 'abbruciare' gli inverecondi articoli? Mi appresto a chiudere. Prima, però, non posso esimermi dal ringraziare il prof. Berti per le profonde novità storico-scientifiche con cui ha avuto la bontà di illuminare me e il volgo. Eccone due, a mo' di esempio: Cosmopoli – sottolinea Berti - oggi si chiama Portoferraio e la città fortificata fu costruita da Cosimo de' Medici “per una scelta strategica. I pirati saraceni infestavano proprio questi mari”: in confronto a tali pezzi di alta cultura bertiana la scoperta dell'acqua calda è davvero una giacchettata. Michelangelo Zecchini
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