A proposito di immigrazione
Credo che sempre più spesso i problemi, e non solo in Italia, vengano affrontati con molta superficialità e le soluzioni proposte semplici palliativi, tamponamenti in regime di urgenza per situazioni apparentemente transitorie ma che in realtà nascondono avvenimenti di ben più vasta portata. Il fenomeno immigratorio dai paesi africani, dal medio oriente, dall’est europeo e dall’est asiatico non esprime solo una necessità economica, mancanza di lavoro e sfruttamento con conseguente impossibilità a mantenere e mantenersi in maniera adeguata trasformando la vita in una lotta lotta per la sussistenza quotidiana, ma è legato troppo spesso al tentativo di salvare la propria vita e quella dei propri figli, si tratta di fuggire da guerre civili e pulizie etniche che ormai imperversano da anni soprattutto nel continente africano e nel medio oriente. In queste condizioni non rimane altro che cercare una via di fuga, un posto migliore dove ricostruire una vita che sia degna di essere vissuta. La logica conseguenza è un flusso migratorio verso il vecchio continente, descritto dalla globalizzazione informatica come grasso, opulento, dove si vive bene ed in ricchezza, che non si è più arrestato e che ha portato cifre da capogiro di immigrati; in Italia negli ultimi anni sono entrati quasi 5 milioni di persone, più di 4 milioni in Spagna e per quanto si riferiscono cifre più basse, anche altri paesi dell’unione europea hanno accolto milioni di migranti. Questo flusso migratorio non accenna a fermarsi, anzi appare in progressivo aumento e si ipotizzano, se questo trend viene confermato, cifre preoccupanti che rappresentano un fenomeno ben diverso della emigrazione dell’800 e dei primi del 900 anche di nostri concittadini verso Stati Uniti, Brasile, Argentina o la lontanissima Australia, paesi dove oltretutto la densità di popolazione e le potenzialità lavorative erano ben diverse da quelle attuali europee. Il nostro paese, che per anni è stato terra di emigrazione, si trova oggi di fronte ad un fenomeno diametralmente opposto, ma purtroppo di ben altra portata, ed è costretto a confrontarsi con l'afflusso crescente di uomini donne e bambini facendo emergere divergenze politiche e culturali. I dati statistici attuali infatti ci fanno ipotizzare che non siamo di fronte ad un semplice fenomeno immigratorio, ma piuttosto a quello che si prospetta come un esodo di massa, e cioè ad intere popolazioni intenzionate a lasciare la propria patria alla ricerca di un’altra, fenomeno che è stato negli ultimi 15 anni sottovalutato dai governanti europei ed italiani, più inclini a pensare alle proprie poltrone ed ai propri opulenti stipendi e privilegi, tutti tesi a salvare gli interessi delle banche e delle grandi società più che ad affrontare fenomeni sociali che hanno progressivamente impoverito molti paesi; la Grecia e la sua condizione economica rappresenta lo stato simbolo, ma non è certo l’unico, di una politica economica europea fallimentare, anacronistica ed inadatta.
Oggi in Italia al 40% dei giovani italiani senza un lavoro si è aggiunto un 10% di popolazione immigrata in età lavorativa e non occupata.
Questa immigrazione incontrollata ed apparentemente inarrestabile ha portato alle conseguenza che tutti conosciamo, ed accanto a fenomeni di integrazione, fortunatamente non pochi, si collocano anche fenomeni, sfortunatamente troppi, di micro e macrocriminalità, lavoro abusivo e sotto retribuito, abusivismo del suolo pubblico, occupazione di edifici privati, con impegni economici da parte dei governi già indebitati che molti cittadini, in sofferenza e ai limiti della povertà, non hanno più accettato. La società italiana, ma non solo, si è così divisa in due gruppi: da una parte i “buonisti” che sostengono il principio della solidarietà e quindi dell’accoglienza, che non sono certo criticabili soprattutto da chi ha fatto della fratellanza, della solidarietà e dell’uguaglianza tra gli uomini un principio di vita; dall’altra parte ci sono i così detti “cattivi” che vorrebbero impedire ulteriori accessi ai rispettivi paesi e contenere in un qualche modo chi vi è già pervenuto, avanzando proposte risibili come quella di rinchiuderne 20 mila a Pianosa, proposte che come abbiamo visto prestano il fianco a facili critiche ed ironie, ma che soprattutto mostrano una miopia politica nazionale e regionale, una incapacità ad affrontare il tema con una visione più organica e collettivista dal momento che il problema non è solo italiano ma europeo. Ed è proprio la mancanza di una politica comunitaria la responsabile di atteggiamenti individualistici che denotano l’inizio di una preoccupazione, e perché no anche di paura, nei confronti dell’immigrato e del fenomeno immigrazione; ecco che la cattolicissima Spagna schiera le armi sul suo confine africano mentre la laica e democratica Francia e la protestante e democratica Inghilterra chiudono le frontiere. Ma una cosa è certa: i poveri del terzo mondo non staranno più alla finestra a guardare la nostra ricchezza o presunta tale, non guarderanno più il banchettare dei ricchi, ma pretenderanno giustamente di partecipare al banchetto e chiederanno a voce sempre più alta e pretenderanno una condivisione di quelle ricchezze oggi concentrate nelle mani di pochi. La soluzione del problema? Difficile dirlo, ma certo non passa solo attraverso la passiva accettazione di un esodo quale risposta ai principi di solidarietà, quella solidarietà che tra l’altro non significa solo passiva accettazione della presenza di un essere umano fuggito dalla povertà o dalla guerra, ma significa anche impegno attivo individuale e collettivo fornendo cure, procurando abiti ed abitazioni, lavoro, istruzione, ed attuare tutto un insieme di socialità finalizzate all’integrazione nel nuovo mondo; e non passa neppure attraverso una ghettizzazione di queste orde di miserabili, progetto che ricorda momenti storici vergognosi di un recente passato, che riproposto nel terzo millennio fa semplicemente inorridire ed è indegno di chi, dall’alto o dal basso, gestisce la politica nazionale. Probabilmente la soluzione del problema passa anche attraverso un impegno ricostruttivo dei loro paesi di origine, un una democratizzazione degli stessi, attraverso la creazione di opportunità di istruzione e di lavoro, insomma creare ciò che non hanno e che vengono a cercare, cominciare a pagare il prezzo del nostro cannibalismo economico che non è scevro da responsabilità in questo nuovo fenomeno perché la polifagia monetaria è senza limiti, basti pensare che c’è anche chi ha speculato e specula sulla tragedia di queste orde di disperati rubando fondi a loro destinati!