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TIMEO DEOS ET DONA FERENTES da TIMEO DEOS ET DONA FERENTES pubblicato il 5 Marzo 2015 alle 10:36
Secondo Crozza l’Italia è il Paese delle meraviglie, ma forse l’immagine non è più abbastanza espressiva per rappresentare la situazione attuale perché da un po’ di tempo a questa parte la realtà supera veramente la fantasia. Sì perché da quando un esattore professionista si è autoproclamato presidente del consiglio di un governo incostituzionale che si elegge un presidente della repubblica su misura, siamo arrivati ad un punto in cui sarebbe più appropriato definirci tout court il Paese delle tasse (che ogni giorno si moltiplicano per partenogenesi o per duplicazione come le amebe avendo cura di cambiar loro continuamente il nome sostenendo che, invece, stanno diminuendo). Ma non solo delle tasse, anche del malaffare politico: basti solo pensare all’ultima ‘meraviglia’ del PD che candida alle primarie un pregiudicato - comunque ineleggibile ma proprio perché pregiudicato trionfalmente vincente - tanto per non essere da meno e non sfigurare nei confronti del suo partner preferito. La supponenza e la faccia tosta con cui questa gentaglia mafiosa spadroneggia è pari almeno a quella dei bronzi di Riace o di Mussolini quando, dopo il delitto Matteotti, disse: sì, sono stato io, e allora? Di chi sarà mai la colpa? Nostra, naturalmente, chi è causa del suo mal pianga sé stesso. Qualcuno sosteneva che ogni persona, una volta maggiorenne, è responsabile della faccia che ha: alla stessa stregua si potrebbe dire che è anche responsabile del nome che ha e pertanto da queste caratteristiche dedurre un identikit della sua personalità e prevedere che cosa ci si può aspettare da lui. Persino Platone aveva enunciato una teoria simile. Se avessimo tenuto conto di queste considerazioni, forse saremmo stati più prudenti nell’acclamare capo supremo un Matteo (le disgrazie non vengono mai sole ma per il momento prendo in considerazione solo il più nefasto trascurando omonimi di bassa Lega): che significa infatti Matteo e quali sono i suoi illustri antenati? L’apostolo Matteo (nome che in ebraico vuol dire ‘dono di Dio’) prima di incontrare Gesù era un ‘pubblicano’ cioè un odioso esattore delle tasse per conto degl’ invasori Romani (i pubblicani spesso anticipavano di tasca propria al fisco di Roma per poi rivalersi come usurai tartassando ulteriormente la povera gente): in seguito, una volta divenuto santo, è stato giustamente elevato a pieno titolo al rango di patrono dei banchieri, delle Guardie di Finanza e, naturalmente, degli esattori (cioè di Equitalia). Dopo la morte di Gesù, San Mattia (non so se sia la medesima persona ma il nome è lo stesso) fu prescelto a sostituire l’apostolo traditore Giuda…..vi dice niente la coincidenza, della serie ‘stai sereno Letta’? Che cosa ci si poteva aspettare da un soggetto con questo marchio di fabbrica? Che favorisse la povera gente e i lavoratori o piuttosto i banchieri e gli esattori di cui è il patrono? Nessuno può rimproverarlo di mancare di coerenza: puttaneggiare con i poteri forti è nel suo DNA ed è quindi il suo ineluttabile destino così come il nostro è diventato quello di subirlo. Poverino, bisogna anche capirlo, i soldi sono pochi e se già si devono regalare miliardi alle banche, condonarne anche di più ai biscazzieri e dare vitalizi d’oro agli onorevoli delinquenti come i suoi soci, come si fa ad aumentare le pensioni di chi muore di fame? Anzi, questi ultimi disgraziati se costretti per sopravvivere a farsi anticipare il TFR devono pure pagarci sopra più tasse! Virgilio aveva messo in guardia i Troiani dai doni dei Greci e sinceramente anche noi di questi ‘doni di Dio’ ne faremmo volentieri a meno, ma purtroppo siamo quattro gatti a pensarla così. Noi non siamo solo un popolo di poeti, di santi e di artisti, siamo soprattutto un popolo di masochisti che amano farsi sbranare dai leoni (come se non bastasse, il segno caratteristico del nome Matteo è appunto il leone!) per cui non c’è rimedio: la maggioranza vince e quindi teniamoci quello che ci siamo scelti e andiamo con Dio (anzi, con il dono di Dio e con la benedizione della sua adorata troika). Il marcio che ci affligge è tradizione antica e quindi praticamente inevitabile: anche all’epoca di Dante doveva esserci più o meno la stessa situazione e la stessa rassegnazione, ché le città d’Italia tutte piene son di tiranni ed un Marcel (o un Matteo) diventa ogne villan che parteggiando viene. Fiorenza mia, ben puoi essere contenta di questa digression che non ti tocca, mercé del popol tuo che sì argomenta! Ché dove l’argomento de la mente s’aggiunge al mal volere ed a la possa, nessun riparo vi può far la gente. Pensierino finale: quando Giove mandò sulla Terra la piacente fanciulla Pandora (anch’essa ‘dono di tutti gli dei’) mise dentro al suo famigerato vaso almeno la Speranza: qui sembra invece che il nostro san Matteo ci abbia tolto anche l’ultima dea. Sarò pessimista, ma spesso a pensar male si dice che purtroppo ci si azzecca.
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