Con questo terzo intervento, che porta a 20 le argomentazioni contrarie all’esistenza della zecca, si chiude l’inchiesta scientifica su un’ipotesi che diventa sempre più labile e inconsistente ogni giorno che passa…
[COLOR=darkblue][SIZE=4]LA ZECCA DI MARCIANA: DE CREDITA ET EMENTITA NUMMORUM OFFICINA [/SIZE] [/COLOR]
“De credita et ementita nummorum officina”. Vale a dire: “La zecca erroneamente ritenuta vera”. Sotto questa immagine verbale, mutuata dal grande filologo quattrocentesco Lorenzo Valla, la zecca di Marciana rischia di passare alla storia se i suoi sostenitori non si affretteranno a rendere pubblici pressanti indizi, finora inesistenti, sulla sua reale esistenza. A tutt’oggi, infatti, l’ipotesi della zecca marcianese è basata sul quasi nulla e troppe, veramente troppe, sono le motivazioni che la coprono di una coltre di dubbi.
Dopo le prime quattordici, già pubblicate, eccone altre sei non meno sostanziose:
15. Non si capisce perché gli Appiano debbano aver intrapreso un lavoro immane e costosissimo (tale è da considerare lo scavo di 200 tonnellate di roccia granitica) mentre, con poca spesa e in tempi rapidi, avrebbero potuto costruire un palazzo ampio e luminoso da adibire a zecca.
16. Non è credibile che gli Appiano abbiano voluto collocare una zecca, per definizione bisognosa di molta luce e di ampi spazi di lavoro, in un luogo angusto e buio qual è l’ipogeo.
17. Sarebbe illogico ammettere che gli Appiano abbiano voluto scavare un immenso ‘caveau’ lontano dalla fortezza (che si trova circa 100 metri più in alto) e, per di più, in una zona aperta, facilmente identificabile e indifendibile in caso di attacchi corsari, brutali e distruttivi, come quelli perpetrati ai danni dell’isola, Marciana compresa, nel XVI secolo, da parte di Ariadeno Barbarossa e di Dragut.
18. Che cosa, gli Appiano, avrebbero dovuto nascondere e proteggere nel grande caveau marcianese? forse il tesoro di Montecristo o le riserve auree di Fort Knox? Anche in questo caso è lo stesso Giannoni a rispondere indirettamente a tale domanda ironico-retorica affermando che, eventualmente, a Marciana si sarebbero coniate monete di poco conto: “Dovendo fornire di propria moneta l'isola era molto meno rischioso trasportare da Piombino all'Elba il rame che non le monete già coniate. Parlo di rame perché da alcuni documenti che ho trovato di recente nell'Archivio Segreto Vaticano risulta che l'argento fosse utilizzato rifondendo monete spagnole (Portolongone) o fiorentine (Portoferraio) presenti sull'Elba. Da questo documento avrei motivo di supporre che sull'Elba venisse coniata solo moneta di piccolo taglio (mezzi giulij, crazie e quattrini) che serviva all'uso quotidiano della popolazione” (da “La Moneta.it”, on line, 18 agosto 2014).
In altre parole: chi può essere così facilone da credere che gli Appiano abbiano costruito un capolavoro di caveau per custodirvi scioccamente monetine da elemosina?
19. Di un’ impresa titanica, molto lunga e onerosa, qual è da considerare l’escavazione di una gran massa di granito, dovrebbe essere rimasto un ricordo multiplo e vivace negli archivi; al contrario, non ne è stata scoperta la minima traccia né in quello di Marciana, né in quelli di Piombino o di Firenze, né in quelli del Vaticano, né altrove.
20. Che senso avrebbero, in un caveau per monete di terz’ordine, geometrie così perfette e migliaia di finissime incisioni che decorano pareti e volte dell’ipogeo marcianese?
A questo punto è da prendere in seria considerazione una verità scomoda per certuni, ossia che la zecca di Marciana sia da inserire fra le molte ”zecche mai esistite, create ad arte nel passato per provare l’autonomia di una località oppure desunte da errate letture di documenti scritti”. Così scrive, parlando delle zecche in genere, Lucia Travaini in ‘Le zecche italiane fino all’Unità’, Roma 2011.
Si diano da fare i fautori di questa evanescente zecca nel diffondere argomentazioni numerose e convincenti, tali comunque da dare all’ipotesi la forza logico-scientifica necessaria per continuare ad esistere. Perché, altrimenti, essa dovrà essere cancellata, ad evitare la pubblicazione di ‘storiche’ fantasie. Come quella, attuale, rinvenuta in rete nella sintesi “Storia di Piombino” (infol.it) nella quale si afferma, senza alcun fondamento, che “Iacopo IV fu il primo a far coniare monete d’oro presso la zecca che si trovava nel paese di Marciana, all’Isola d’Elba”.
Michelangelo Zecchini