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Associazione “Ilva-Isola d’Elba da Associazione “Ilva-Isola d’Elba pubblicato il 3 Dicembre 2014 alle 8:11
[COLOR=darkred][SIZE=4]“L’IPOGEO DI MARCIANA NON È ‘UN NEVIERE’, MA UNA TOMBA ETRUSCA”. REPLICA DELL’ASSOCIAZIONE ‘ILVA-ISOLA D’ELBA’ ALLA SOPRINTENDENZA BENI ARCHEOLOGICI. [/SIZE] [/COLOR] ALLA DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI –FIRENZE Il Consiglio Direttivo di questa Associazione, di cui fanno parte docenti universitari, archeologi, architetti ed esperti di storia del territorio, dopo aver esaminato con attenzione la nota della SBAT di Firenze (Prot. n. 16720 del 27-10-2014), si permette di avanzare alcune osservazioni. Questa Associazione - confortata e dalla tipologia architettonica (tipica planimetria tricellulare) e dal fatto che il Catasto Leopoldino del 1840 qualifica tutta l’area circostante come ‘La Tomba’ e la strada soprastante come ‘Via della Tomba’ - è convinta che nell’ipogeo marcianese debba essere ravvisata una straordinaria tomba etrusca gentilizia. Il parere di competenza della SBAT, al contrario, è connotato in ogni sua parte da forme più o meno accentuate di riduzionismo sotto il profilo della valenza storico-archeologica del manufatto, e non può non suscitare una serie di profonde perplessità. Le più rilevanti vengono elencate di seguito: - A quanto pare l’interpretazione preferita dalla SBAT è che l’ipogeo marcianese sia “un manufatto a servizio della comunità stessa, quale potrebbe essere un neviere o una cisterna”. Nella nota soprintendenziale tale ipotesi rimane per così dire isolata e sospesa, senza nessuna valutazione supplementare, senza alcun confronto che possa in qualche modo corroborarne la bontà. Si tratta di un’impostazione metodologica che ci rifiutiamo di accettare. Codesta Direzione, inoltre, vorrà perdonarci se d’ora in poi utilizzeremo il sostantivo ‘neviera’ al femminile, allineandoci con i maggiori dizionari italiani (Garzanti, Hoepli, Devoto-Oli, Zingarelli, Treccani) anziché con la SBAT, la quale preferisce usare ‘un neviere’ al maschile. Chiuso l’inciso, questa Associazione fa presente che le neviere, in qualsiasi regione italiana, sono completamente differenti, quanto a pianta e concezione, dall’ipogeo marcianese. La forma e gli elementi compositivi delle neviere sono comune patrimonio conoscitivo e, di conseguenza, questa Associazione ritiene inutile dilungarsi. Ma per definire che l’ipogeo non è una neviera, è sufficiente qualche domanda retorica: in un cunicolo del genere, privo di aperture tranne la porta del dromos, in che modo sarebbe stata smaltita l’acqua di risulta? Che senso avrebbero, in un contenitore di neve e ghiaccio, le fitte incisioni che ne decorano le pareti? E quale sarebbe, di grazia, nell’ambito dell’ipotesi ‘neviera’, lo scopo di posizionare lumi, come afferma la SBAT, nelle due nicchie (o arcosoli) presenti nei corridoi trasversali di accesso alle camere? Ma si può dire di più: due fra le maggiori studiose italiane di neviere – consultate per eccesso di scrupolo da questa Associazione – hanno nettamente respinto, com’era largamente prevedibile, l’ipotesi ipogeo = neviera. Se codesta Direzione lo riterrà opportuno, forniremo i dati relativi alle studiose stesse. - Argomentazioni non dissimili portano a escludere che nell’ipogeo possa ravvisarsi una cisterna. La SBAT, anche in questo caso, si esprime in modo estremamente sintetico: cisterna e basta. Senza fornire alcuna spiegazione su che cosa essa avrebbe dovuto contenere (acqua, vino, olio o cos’altro?); senza chiarire perché mai per costruire un semplice contenitore si sia fatto ricorso all’escavazione di almeno 500 tonnellate di dura roccia granitica, opera che la SBAT medesima definisce “così impegnativa ed onerosa”. Non si può fare a meno di osservare che laddove per l’ architettura ipogea marcianese si voglia proporre una funzione diversa da quella funeraria (ad esempio zecca o neviera o cisterna), sarebbe buona norma metodologica mostrare parallelismi formali e planimetrici convincenti. Non ci pare che la SBAT lo abbia fatto. Attendiamo fiduciosi. - La SBAT afferma testualmente che la pianta dell’ipogeo si avvicina “anche se solo in parte, a quella di una tomba etrusca (cfr. ad la tomba Regolini Galassi di Cerveteri)”, ma a tale apparentamento non si può neanche parzialmente acconsentire in quanto la pianta (la si osservi sopra, a sinistra) e le caratteristiche tipologiche della Regolini Galassi sono del tutto diverse. Se proprio si vuole rimanere in ambito ceretano, si fa presente che, se si prende in considerazione la planimetria del primo segmento (dromos più due celle trasversali) del sepolcro Mengarelli, si ha la copia quasi esatta della pianta della tomba sotterranea elbana. La quale, altresì, trova confronti più che persuasivi con planimetrie a croce di non poche tombe toscane e laziali. E’ sufficiente citare quella della tomba orientale del tumulo di Montecalvario a Castellina in Chianti. Nonostante che Le fosse stata preventivamente inviata la perizia di un cattedratico di geologia applicata (Prof. Carlo Alberto Garzonio, Università di Firenze), perizia nella quale il luminare documentava lo stato di avanzato degrado del monumento in oggetto e la necessità di intervenire con progetti e determinazioni urgenti, al riguardo la SBAT non è riuscita ad andare oltre una generica proposta di “tutelare dal punto di vista architettonico l’intero complesso”. Confidando che codesta Direzione Regionale possa assumere decisioni urgenti atte a fermare il degrado del monumento e ad evitare la dissoluzione delle migliaia di incisioni parietali che si stanno trasformando in sabbia, si porgono distinti saluti. Marciana Marina, 5 novembre 2014 Il Consiglio Direttivo Associazione “Ilva-Isola d’Elba”
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