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Gian Franco Casciano da Gian Franco Casciano pubblicato il 12 Maggio 2014 alle 22:05
Per l’anonimo che sembra abbia tirato un sospiro di sollievo scrivendo con animo sollevato “Meno male che ci siamo levati da dosso questa leggenda della Vantina!!!! Non tutti sanno che era figlia di Vincenzo Vantini...famiglia di Portoferraio. Ebbene con viva e vibrante soddisfazione, come dice il grande Crozza-Presidente, l’anonimo metta l’anima …ancora in sofferenza, perché quello che lui scrive e che ha tratto –ma non lo dice- da un articolo apparso sul n.100 (mai anniversario fu così male onorato) del giornale “Lo scoglio” può ben dirsi non meritevole di alcuna valida considerazione. La Vantina capoliverese, con buona grazia dell’anonimo capoliverese, così sollevato dal peso di una leggenda e del firmatario dell’articolo apparso sullo scoglio n.100, non era Enrichetta,la figlia di Vincenzo Vantini…famiglia di Portoferraio. I Vantini, all’epoca, non erano tutti di Portoferraio, così come oggi i Burelli, i Puccini, i Signorini (e tanti altri che appaiono in gran numero negli elenchi telefonici di Capoliveri e Portoferraio ed altri Comuni dell’Elba). Basta percorrere gli antichi elenchi dei coniugati nella chiesa di Capoliveri per ritrovare vari Vantini, tra cui forse un antenato della nostra Amelia, Vantini Ioannes Dominicus che nel 1757 ebbe a sposare la sig.a Semplici Maria Laura La storia della portoferraiese Enrichetta Vantini, figlia del ciambellano Vincenzo Vantini ed il mancato suo matrimonio con il Generale Drouot, per il fermo intervento della madre di questi, è storia ben nota e riportata in ogni raccolta di aneddoti napoleonici, prima fra tutte quella di De Pons de l’Hérault. La Vantina di Capoliveri non si chiamava Enrichetta, bensì Amelia ed anche chi, come il nostro anonimo capoliverese ha l’animo ostile non può non capire che comunque i capoliveresi non avrebbero potuto scegliere come eroina quell’Henrichette che, mirando ad un prestigioso matrimonio, non pensava affatto ai capoliveresi, ma a tener ben stretto a sé, astenendosi dal contraddire i suoi voleri, il maresciallo Drouot, proprio mentre questi dava esecuzione all’ordine di Napoleone che il giorno 16 novembre 1814 aveva comandato la “répression” della sommossa che in Capoliveri era scoppiata avverso le imposizioni di Napoleone (e questa è storia, vi sono i documenti, v’è l’ordine di Napoleone, con buona pace dell’anonimo capoliverese e dell’incauto scrittore delle pagine dello Scoglio). D’altra parte, mi si permetta di esprimere tutto il mio stupore e la delusione per la profonda mancanza d’ amore e di rispetto per il proprio paese, che l’anonimo capoliverese rivela. La storia documentata di ogni comunità è arricchita e trova vera vita soprattutto nei ricordi, nelle narrazioni, nelle leggende, (dal latino: "degne d'esser lette") sono queste narrazioni legate alle tradizioni che, come ben si è scritto, permettono di tener saldi i legami d'appartenenza alle comunità. Il loro fascino ed il ruolo essenziale nell’esistenza di una comunità vera, d’altra parte, dà motivo ai canovacci delle feste popolari , al rinnovarsi periodico di comuni sentimenti, al rinnovarsi dell’esigenza di ritrovarsi assieme come comunità. Se poi si fa in modo che la partecipazione all’evento del ricordo coinvolga altri, ed appartenenti ad altre comunità (gli ospiti presenti per l’occasione od occasionalmente) partecipando, rendono propria la sensibilità della comunità in cui “la storia”ripercorsa ha preso vita, così divenendo più ampia la comunità dei sentimenti, anche quella che può pur essere una leggenda assume un valore ed un rilievo sociale così profondo e rilevante che certo non può (non deve) essere intaccato in alcun modo dalla pochezza di un commento astioso o da una gratuita e infelice ricostruzione che meritano quindi, invero, soltanto biasimo. .
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