[COLOR=darkred][SIZE=4]Tutto perfetto ?
[/SIZE] [/COLOR]
Inaugurato ieri in via Palestro a Capoliveri il museo del mare legato al Polluce. Un progetto che dopo ben dieci anni di gestazione si concretizza ....insomma alla presenza delle autorità civili e militari degli alti funzionari della Soprintendenza Archeologica della Toscana, il presidente del PNAT , un perfetto anfitrione nelle vesti del Sindaco Ruggero Barbetti e la benedizione di Don Emanuele Cavallo , si è concretizzato un sogno lungo dieci anni ..... ma all'attento osservatore non poteva sfuggire che......
[COLOR=darkblue][SIZE=4]CAPOLIVERI: IN MOSTRA IL TESORO DEL POLLUX. MA DOV’È LA SPLENDIDA SPILLA D’ORO CON 44 SMERALDI? [/SIZE] [/COLOR]
Nell’ultimo libro di Michelangelo Zecchini “Elba isola, olim Ilva: Frammenti di storia” c’è un documentatissimo articolo intitolato “ Capoliveri: il Pollux e l’incredibile razzia di un tesoro”. Fra le foto degli oggetti recuperati nel relitto c’è quella di una stupenda spilla in oro a 18 carati, a forma di fiocco (o di farfalla, se si preferisce), tempestata di 44 smeraldi, riferibile al 1760 circa.
Oggi il tesoro del Pollux (o Polluce) è ritornato agli onori delle cronache per la mostra dei reperti inaugurata a Capoliveri. Gli oggetti esposti sono molti e belli, ma quello splendido fiocco, di fattura raffinata, ci è sembrato che proprio non ci sia. Si può chiedere come mai e dove si trova?
Fra l’altro, come scrive Zecchini nel suo volume, il suddetto gioiello figurava al n. 232 del catalogo d’asta Dix Noonan Webb di Londra insieme a oltre 300 lotti che la Polizia londinese e i nostri Carabinieri recuperarono e riportarono in Italia.
In attesa che i responsabili della mostra capoliverese diano una chiara risposta pubblica alle mie domande (campa cavallo…), ritengo utile proporre un riassunto del saccheggio che un team di inglesi effettuò sul fiabesco tesoro del Polluce, dopo aver architettato - uso le parole di Michelangelo - “una truffa da strapazzo, tanto ridicola nelle premesse (recupero di alluminio a 103 metri di profondità) quanto esemplare nei risultati (il bottino in oro, gioielli e pietre preziose fu ingentissimo”.
Ecco la storia. Il 17 giugno 1841 il piroscafo a ruote Polluce fu speronato circa tre miglia al largo di Capo Calvo (Capoliveri) dal piroscafo Mongibello e colò a picco in pochi minuti con il suo tesoro costituito da almeno 100.000 franchi in oro, un’imponente quantità di monete d’argento, una favolosa collezione di diamanti, rubini, smeraldi, zaffiri e altri preziosi. La memoria del tesoro rimase viva, tanto che ci furono vari e infruttuosi tentativi di recupero. Poi, nel 2000, la ‘banda’ (come giustamente l’ha chiamata Massimo Nava sul Corriere) chiese alle autorità preposte di recuperare relitto e carico del piroscafo ‘Glenn Logan’ proprio al largo di Capo Calvo. In realtà il Glenn Logan era affondato nel 1916 al largo delle isole Eolie e non nel mare elbano, ma nessuno sentì puzza di bruciato, nessuno fece ricerche, nessuno si accorse del tentativo di truffa. Ma c’è di più: furono rilasciate autorizzazioni senza prescrizioni e il recupero non fu controllato, come di prassi, da alcun funzionario. Per oltre un mese il gruppo di inglesi, affittato un rimorchiatore, lavorò tranquillo e con una grossa benna squassò il relitto del Polluce, arraffò una quantità notevole (e imprecisabile) di monete d’oro e di oggetti preziosi. Nessuno andò a controllare cosa stessero facendo, nemmeno una volta. Anche il trasferimento a Londra dei proventi del furto fu liscio come l’olio. Ma nella capitale del Regno Unito per fortuna c’era qualcuno non disposto a farsi prendere per i fondelli: la Met Police, infatti, d’intesa con i nostri Carabinieri del Nucleo Patrimonio artistico, fiutò l’inganno e sequestrò il maltolto mentre stava per essere venduto all’asta. Il resto è cronaca: i reperti rimpatriarono e ora sono in esposizione a Capoliveri.
Occorre ringraziare il Sindaco Barbetti e la comunità capoliverese per aver ospitato questa mostra che è oggettivamente ben fatta e che costituirà un’attrazione per molti. Ma proprio per questo non si può non pensare quale eco mondiale e quale ritorno mediatico ed economico ci sarebbero stati per l’Elba se nave e carico fossero stati recuperati integralmente.
F. Prianti