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Cittadino di un COMUNE ELBANO da Cittadino di un COMUNE ELBANO pubblicato il 20 Aprile 2013 alle 20:16
AL RE TRAVICELLO ( AL SINDACONE UNICO) Al Re Travicello piovuto ai ranocchi, mi levo il cappello e piego i ginocchi; lo predico anch'io cascato da Dio: oh comodo, oh bello un Re Travicello! Calรฒ nel suo regno con molto fracasso; le teste di legno fan sempre del chiasso: ma subito tacque, e al sommo dell'acque rimase un corbello il Re Travicello. Da tutto il pantano veduto quel coso, ยซรˆ questo il Sovrano cosรฌ rumoroso? ยป (s'udรฌ gracidare). ยซPer farsi fischiare fa tanto bordello un Re Travicello? Un tronco piallato avrร  la corona? O Giove ha sbagliato, oppur ci minchiona: sia dato lo sfratto al Re mentecatto, si mandi in appello il Re Travicelloยป. Tacete, tacete; lasciate il reame, o bestie che siete, a un Re di legname. Non tira a pelare, vi lascia cantare, non apre macello un Re Travicello. Lร  lร  per la reggia dal vento portato, tentenna, galleggia, e mai dello Stato non pesca nel fondo: che scienza di mondo! che Re di cervello รจ un Re Travicello! Se a caso s'adopra d'intingere il capo, vedete? di sopra lo porta daccapo la sua leggerezza. Chiamatelo Altezza, chรฉ torna a capello a un Re Travicello. Volete il serpente che il sonno vi scuota? Dormite contente costรฌ nella mota, o bestie impotenti: per chi non ha denti, รจ fatto a pennello un Re Travicello! Un popolo pieno di tante fortune, puรฒ farne di meno del senso comune. Che popolo ammodo, che Principe sodo, che santo modello un Re Travicello! Re Travicello รจ un'espressione idiomatica della lingua italiana. Si usa per indicare, spesso in senso dispregiativo, una persona che occupa una posizione importante o una carica ufficiale, ma che non ha autoritร  o capacitร  sufficienti a esercitarne il potere. L'espressione trae origine da una favola di Fedro spesso attribuita a Esopo, dal titolo Le rane chiesero un re. Le rane chiesero un re La favola narra di un gruppo di rane che, abituate da tempo a muoversi liberamente per lo stagno, chiedono a Zeus un re autoritario che reprima il loro modo di vivere sregolato. Il dio, divertito dalla richiesta, non fa altro che lanciare nello stagno un pezzo di legno (un "travicello"), indicandolo come nuovo monarca dello stagno. Inizialmente le rane sono intimorite dal tonfo e vanno sul fondo, ma poco dopo scoprono che il loro sovrano non fa nulla a parte galleggiare. Iniziano cosรฌ ad avvicinarsi, a toccarlo, a salirvi sopra. Infine, lo provocano con ogni tipo di ingiuria e sberleffo, ovviamente senza ottenere alcuna reazione. Deluse dal dono, si rivolgono di nuovo a Zeus chiedendo un re che non sia una nullitร . Il dio manda allora nello stagno una serpe, che inizia a divorarle una ad una. Le rane per la paura perdono la voce; le poche che si salvano mandano un'ambasciata all'Olimpo attraverso Ermes, supplicando di essere risparmiate. Zeus perรฒ risponde loro "Poichรฉ un buon re vi dispiacque, abbiatene uno malvagio". Come in tutte le favole di Fedro, anche questa contiene un "insegnamento morale" che si cerca di trasmettere attraverso la narrazione favolistica. La storia suggerisce che รจ meglio avere governanti incapaci ma innocui, piuttosto che astuti e autoritari. Piรน in generale, il consiglio รจ quello di tollerare una situazione spiacevole se c'รจ il rischio che, cambiandola, questa peggiori radicalmente. Nell'introduzione della favola, Fedro sostiene che questa sia stata raccontata da Esopo agli ateniesi, quando questi si lamentarono della tirannia di Pisistrato: questa, perรฒ, era frutto di un accordo tra le diverse fazioni che prima governavano la polis in libertร . Il fatto che Fedro introduca la novella come un racconto di Esopo, ha generato il dubbio sull'attribuzione di questa favola. La favola era una delle preferite del poeta Giuseppe Giusti, che nel 1841 ne scrisse una versione in versi, col titolo Re Travicello. LEGGETE BENE E MEDITATE CITTADINI DELL'ELBA E VOTATE ....NO ! Capirete perchรฉ G.Giusti scrisse questa poesia.. Anche x noi ELBANI ! ๐Ÿ˜Ž ๐Ÿ˜Ž ๐Ÿ˜Ž
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