[SIZE=3][COLOR=darkblue]Su “L’elba agli elbani” rispondo a Dante e al Foresto [/COLOR] [/SIZE]
Caro Dante ti spigo tutto ma prima lasciami dire rispondere a questo foresto.
Caro Foresto ,
invece ho fatto le barricate contro lo scempio di Bagnaia, per esempio. Come componente della Commissione edilizia per il Partito Comunista , bloccai i lavori per mesi finché i cementificatori si rivolsero ai Compagni della alla Regione che rifece partire i lavori. E io non ebbi più incarichi. Tu non lo sai perché eri altrove. Non sono intervenuto nelle cementificazioni successive, per una mia fragilità: temevo di creare qualche problema ad amici d’infanzia . Proprio per il sentimento di cui parlavo nel mio pezzo. Questo sentimento non lega solo al luogo dove si è nati: strade, murelle, vicoli, la piazza e poi le voci il suono delle campane ecc Ma anche a chi ci vive e a chi ci ha vissuto. E anche a chi non c’è più. Voglio dire, al loro ricordo. E non è solo nostalgia. Si tratta di un sentimento più profondo . E qualche volta anche doloroso. Quello che a me disturba è che i “Foresti” e anche gli “ascari locali” ( quelli che beccano le briciole dei colonizzatori) ne parlino con disprezzo. Chiamano comuni “Pollai”. Per come gli stranieri vedono l’isola dovrei saperlo, essendomi interessato proprio di questo per 30 anni per il mio lavoro.
Per quanto riguarda “l’Elba agli Elbani “ cioè : l’Elba è nostra e ce la gestiamo noi, caro Dante hai ragione. Sono anche d’accordoche i siciliani possano assumere cariche pubbliche a Torino, come se fossero torinesi. Se però un gruppo di siciliani volessero ridisegnare il Valentino per farlo somigliare ad un giardino palermitano, allora non andrebbe bene. Perché i Torinesi sono legati a quel luogo cosi com’è.Perché ,magari ci andavano con i loro nonni da bambini. Comunque , qualora dovesse esser utile trasformarlo in un aranceto, bisognerebbe farlo per gradi senza far incazzare nessuno . Un po’ di sensibilità. Tutto qui
Comunque , quest’ idea degli elbani doc e dell’ “Elbanità non ha mai trovato spazio nei documenti di “Elba 2000”, che ha scritto il 95% di tutto ciò che è stato scritto contro il Parco. Su questo punto preciso, siamo intervenuti decine di volte dal 1997 in poi. Perché le nostre idee venivano distorte. L’articolo che segue è stato pubblicato la prima volta nel 2003. Ma riassumeva la nostra la posizione espressa fin dal 1997. Quando ci siamo presentati alla elezioni con noi c’era un extracomunitario , da moltissimi anni in Italia, ma non fu possibile inserirlo in lista
[SIZE=3][COLOR=darkblue]GLI ELBANI E L’ “ ELBANITA’” [/COLOR] [/SIZE]
Noi non abbiamo mai usato il termine “elbanità”, perché è un termine ambiguo: rimanda a pascoli culturali ormai secchi ed ad una identità etnico culturale che all’Elba non esiste Se,invece, per elbanità intendiamo il sentimento comune che lega gli elbani alla terra dove sono nati, allora si tratta di un sentimento primordiale di appartenenza che sente chiunque, in qualsiasi luogo, per la terra dove è nato
Questo sentimento oltre che legittimo è anche utile perché aiuta a percepire affronti e fa sentire il diritto di gestire la propri esistenza nella terra dove è nati come inalienabile. Però, non dovrebbe essere mai esibito come “pitigri” nei confronti degli elbani di adozione. I quali avranno lo stesso sentimento verso il loro luogo di nascita, ma anche un amore verso questa terra, se la hanno scelta per viverci e farvi crescere i loro figli. Vi è quindi un sentimento che ci lega tutti, magari in modo diverso, a quest’isola. Sentimento presente, e acutizzato dalla nostalgia, anche in coloro che l’isola hanno dovuto lasciare per vivere in altre realtà.
L’elbanità, quindi, come sentimento non da diritti nella gestione politico amministrativa dell’isola. Li da invece l’essere “Elbano” perché, al pari di “fiorentino” o “livornese”, individua e precisa il rapporto tra il territorio e chi ha il diritto di gestirlo. Per noi, “elbano” è chiunque viva e lavori in quest'isola. E questo indipendentemente dalle sue origini, convinzioni religiose, credo politico e colore della pelle.
Naturalmente, l’Elba la dovrebbero gestire, in piena autonomia, gli elbani; cosa che non si è mai verificata nella sua lunga storia. Ma che ha avuto anche effetti positivi: l’Elba, come la vediamo oggi, è in gran parte opera di chi l’ha colonizzata. Opera, che per diverse ragioni, non è ancora terminata. La più importante è che non si è ancora formata una classe dirigente locale in grado di opporvisi. I tempi saranno lunghi, ma non bisogna disperare. Per il momento abbiamo bisogno di tutte le persone oneste che vivono e lavorano in quest’isola. Da qualsiasi parte provengano.
Il pezzo è stato pubblicato la prima volta nel 2003 e poi altre volte , quando si è ritenuto chiarire un aspetto così importante.