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COS'E' LA CACCIA! da COS'E' LA CACCIA! pubblicato il 17 Febbraio 2013 alle 13:21
CHE COS’È LA CACCIA In generale la caccia è considerata la pratica di catturare e abbattere animali, solitamente selvatici, per l’approvvigionamento di cibo, pelli o altre materie, per fini di contenimento e gestione di una specie, oppure per scopo ricreativo o commerciale. Nella nostra società, in realtà, la caccia non rappresenta più un’attività indispensabile all’approvvigionamento del cibo e dunque il suo scopo è prevalentemente ricreativo, è considerato un semplice sport, uno svago. Non so quanto si possa considerare sport una pratica il cui scopo è l’uccisione di un essere vivente indifeso, chissà forse come diceva Groucho Marx “ La caccia sarebbe molto più interessante se anche gli animali avessero il fucile”. Ironia a parte la caccia rientra pienamente in quella logica specista di sfruttamento e dominio dell’uomo sugli animali e sulla natura. Gli animali vengono visti esclusivamente come oggetti di puro consumo al fine di un autocompiacimento personale e non come esseri viventi e senzienti il cui unico scopo è vivere per se stessi. Molti appassionati di caccia sostengono che essa rappresenti la competizione fra l’uomo e la natura, in realtà,questa non è altro che una lotta impari, in quanto non vi è alcuna competizione in una gara in cui uno dei due contendenti non rappresenta una vera minaccia non ha armi per difendersi e non sa nemmeno di essere in gioco per la sua vita. La caccia quindi non è uno sport, un hobby o uno svago, la caccia è solo uccisione!!! La caccia è, inoltre, fonte di una serie interminabile di danni a persone ed ambiente oltre che ad animali. DANNI È CRUDELTÀ In Italia vengono uccisi almeno 100 milioni di animali l’anno,per la maggior parte uccelli di varie specie,ma anche lepri, cinghiali,cervi ,caprioli, daini. Cento milioni di animali uccisi SOLO per divertimento. Bracconaggio Il bracconaggio in Italia è molto diffuso, vietato ma tollerato in quanto “tradizione popolare”. Sono usati “archetti”, trappole a cappio, reti verticali in cui gli uccelli rimangono impigliati e muoiono d’inedia dopo giorni di agonia. Alcuni dati: nel corso del 2000 e 2001 la LAC (Lega Abolizione Caccia) ha raccolto e distrutto complessivamente oltre 30.000 archetti, 450 reti e liberato centinaia di uccelli (pettirossi, passere scopaiole, tordi, merli, cince ecc.). I principali campi antibracconaggio si svolgono nelle valli bresciane (da settembre a dicembre), dove sono diffusi archetti e trappole a scatto in cui gli uccelli rimangono intrappolati per le zampe, spesso amputandosele e morendo dissanguati; in Sardegna dove i bracconieri utilizzano trappole a cappio, poste sui rami di corbezzolo, in cui gli uccelli rimangono impiccati. Qui nel 2001 la LAC ha portato a termine la triste raccolta record di oltre 13.000 trappole. Gli archetti Gli archetti sono trappole per la cattura dei piccoli uccelli. Sono molto usati nelle valli bresciane Trompia, Sabbia, Camonica, nel Bergamasco e in alcune zone del Veneto e del Friuli nonostante siano esplicitamente vietati dalla legge ormai da molti anni. I bracconieri realizzano con rami di nocciolo; curvati a ferro di cavallo, micidiali congegni in grado di scattare allorché un piccolo uccello vi si posi sopra. Bacche di sorbo, che da questa pratica prende il nome di “sorbo degli uccellatori”, attirano soprattutto pettirossi, ma anche fringuelli, capinere, verdoni, frosoni, peppole, cince, regoli, luì. Non è possibile calcolare quanti siano gli archetti che ogni autunno all’arrivo dei piccoli uccelli migratori i bracconieri sistemino nei boschi e nelle radure di vaste zone del Nord Italia: probabilmente milioni. Molte valli alpine ne sono infestate. Gli uccelli catturati per le zampe rimangono appesi per ore ad agonizzare, con i tarsi spezzati dall’archetto, senza speranza di salvarsi. La “polenta e osei”, tradizionale piatto della cucina veneta e non solo, alimenta il mercato clandestino dei piccoli uccelli catturati illegalmente. L’uccellagione L’uccellagione è invece una pratica ammessa, purché non si catturino animali appartenenti a specie non cacciabili. Nella sola Lombardia, su 30.000 cacciatori vi sono 10.000 capanni fissi, dove i cacciatori giocano al tiro al bersaglio contro gli uccelli, di ogni specie, usando spesso altri uccelli tenuti prigionieri come richiami vivi. Questi uccellini vengono catturati e tenuti sempre prigionieri in gabbie piccolissime, vengono spiumati in modo da provocare la muta delle penne fuori stagione: quando le piume ricrescono, l’uccello, tenuto sempre in una cantina buia per tutta l’estate, crede che sia primavera, ed emette richiami verso i suoi compagni. Un fringuello, sul mercato illegale, può costare fino a 100 euro. Immissione degli animali sul territorio Quella del “ripopolamento” è una pratica che in più modi avvantaggia i cacciatori. Da un lato, consente loro di continuare a cacciare anche quando in natura non esiste più nulla da cacciare: vengono allevati uccelli e lepri in allevamenti appositi, animali domestici che vivono in gabbia tutta la loro vita, e che poi vengono lasciati liberi poche settimane prima dell’inizio dello sterminio da parte dei cacciatori. Animali “pronta caccia”, come vengono definiti da più parti. D’altro lato; il ripopolamento di certe zone con cinghiali e caprioli domestici, che sono più prolifici degli animali selvatici, fa sì che aumentino i danni alle colture, e che i cacciatori siano dunque chiamati a farne strage per “ripristinare l’equilibrio”. Equilibrio disturbato dai ripopolamenti stessi. Il concetto di “animali in soprannumero” è privo di significato: il numero di animali che nascono e raggiungono l’età adulta è determinato, in natura, dalla “capacità portante”, che è influenzata dallo spazio e dal cibo disponibili. Uccidere animali non risolve il “problema”, quelli che rimangono diventano più prolifici, o hanno maggior probabilità di raggiungere l’età adulta, cosicché in breve tempo si raggiunge lo stesso numero iniziale. Imbroglio ai danni degli agricoltori. Caccia e agricoltura sono da sempre due realtà contrapposte. Negli ultimi tempi tuttavia i cacciatori sono riusciti a guadagnarsi le simpatie di una parte del mondo agrario con il pretesto dei danni che gli animali selvatici fanno alle coltivazioni. In realtà spesso le Associazioni dei cacciatori e degli agricoltori si sono trovate in forte attrito a causa dei cosiddetti “ripopolamenti”, ovvero introduzione deliberata di selvaggina sul territorio a scopo venatorio attuata dai cacciatori stessi nel più assoluto disprezzo degli interessi degli agricoltori. Nessuno meno del cacciatore dunque è credibile come alleato dell’agricoltore. Danni all’ambiente Nonostante si proclamino “grandi ambientalisti”, e dicano di amare la natura, i cacciatori sono dannosi, oltre che per gli animali, anche per l’ambiente. Ogni anno riversano sul territorio diverse tonnellate di velenosissimo piombo. Nelle zone umide, l’accumulo di notevoli quantità di pallini di piombo sul fondo dei laghi, stagni e acquitrini, provoca negli animali il saturnismo, una grave intossicazione, pericolosa per gli animali e per chi se ne ciba. Pericolo per le persone Ogni anno, durante la stagione venatoria muoiono mediamente 60 persone (1 ogni 3 giornate di caccia) e ne vengono ferite più o meno gravemente altre 90 (quasi una ogni 2 giorni). La caccia consiste nel libero uso di armi da fuoco da parte di dilettanti sul territorio aperto al libero transito di chiunque o addirittura nelle altrui proprietà private a prescindere dal consenso del proprietario. La caccia è pertanto anche un gravissimo problema di pubblica sicurezza. Gli incidenti di caccia sono molto numerosi, e spesso non coinvolgono solo dei cacciatori ma anche persone innocenti; nessuno è al sicuro, sia che stia facendo una passeggiata, o giocando con i suoi figli nel giardino di casa, tutti sono potenziali bersagli. Infatti, oltre agli incidenti mortali o gravi, vi sono innumerevoli situazioni di pericolo e di allarme sociale ma solo una piccolissima parte viene denunciata alle autorita’ e/o riportata dai giornali. Eppure sono moltissime le famiglie italiane che vivono in campagna o in piccole cittadine comprese all’interno di ‘zone cacciabili’ che sono assediate dai cacciatori, e temono per la propria incolumità. Per questo è nata la Campagna Caccia il Cacciatore che si prefigge di contrastare la caccia proprio sulla base della sua pericolosità per le persone. Bocconi avvelenati Migliaia di animali, domestici e selvatici, protetti e non, sono uccisi ogni anno dai bocconi avvelenati lasciati nelle campagne e nei boschi, una pratica barbara, illegale ma sempre più diffusa, in particolare in alcune regioni, tra cui Toscana, Umbria, Abruzzo, Lazio, Emilia Romagna, Veneto, Calabria. Le vittime sono cani e gatti – domestici e liberi – e animali selvatici quali volpi, tassi, donnole, faine, e molte specie rare, come lupi, orsi, aquile, falchi, gufi, civette, corvi imperiali, faine, martore, aironi, cormorani. Queste esche sono un vero e proprio pericolo anche per chi intenda fare una passeggiata all’aria aperta con la famiglia e il proprio cane. I bocconi avvelenati vengono rilasciati soprattutto per eliminare le specie considerate “nocive”. In prossimità delle aree faunistiche, il lancio di bocconi avvelenati avviene in primavera, periodo di ripopolamento della selvaggina, in attesa dell’apertura della caccia. Fagiani, soprattutto, liberati per essere poi uccisi dalle doppiette, e talmente domestici (vengono tutti da allevamenti) che riescono a stento a volare, proprio come dei polli. Questi animali vengono “protetti” dai predatori naturali uccidendo questi ultimi con bocconi avvelenati, affinché gli animali nella riserva faunistica possano poi essere ammazzati in autunno dai cacciatori. La pratica dei bocconi avvelenati viene usata anche dagli allevatori in pascoli e campagne, che abbandono carcasse di animali riempite di veleno per attirare lupi, volpi e rapaci. Il veleno viene anche usato per uccidere i cani da tartufo dei proprietari concorrenti, animali che possono valere fino a 2-3 mila euro. Colombo
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