[SIZE=4][COLOR=darkred]SALVATE IL SOLDATO "PINO" [/COLOR]  [/SIZE]  
Rivolgo un accorato appello ai cittadini e agli amministratori campesi per salvare il pino di piazza Torino. E' stato pubblicato il progetto della nuova piazza che prevede il taglio di una pianta collocata ad almeno 10 metri da qualsiasi edificio, in una posizione tale dove è possibile intervenire tecnicamente per rendere le radici inoffensive; chiedo pertanto che almeno su quel pino sia applicato a livello sperimentale un approccio
diverso dal taglio. Le radici dei pini possono essere domate, basta intervenire con le prescrizioni suggerite da tecnici qualificati, se questo è il problema a monte del loro taglio.
Qualcuno dice che sporcano, altri che non sono piante da arredo urbano e negano il fatto che a Firenze e a Roma maestosi pini siano nelle principali vedute e siti monumentali di due delle città più visitate al mondo.
Non solo, “I pini di Roma” è un celebre poema sinfonico di Ottorino Respighi dedicato ai numerosi alberi che incorniciano persino il Colosseo, Respighi addirittura acquistò dai Principi Colonna la villa “I pini”.
Questo poema sinfonico è conosciuto a livello mondiale perché inserito nella colonna sonora di Fantasia 2 di Walt Disney. Ciò per sottolineare quanto siano importanti a livello di immagine i pini “marittimi”, molto celebri quelli dei dipinti e delle cartoline del golfo di Napoli.
Famosi architetti hanno progettato le più belle ville e dimore nella pineta di Marina di Campo. L’architetto Isotta, nipote dell’ingegnere costruttore delle omonime autovetture, firmò i disegni della villa sulla spiaggia in prossimità dell’Iselba e di questo esclusivo residence hotel. Bellissima anche la bassa costruzione della villa in granito all’inizio di via degli Etruschi, fatta edificare dal proprietario di un colosso industriale chimico italiano. Tutte costruzioni di pregio, fatte in mezzo ai pini e frequentate negli anni ’60 e ’70 da celebrità del mondo dello spettacolo e dell’industria.
Spesso vengono portate motivazioni di antistoricità biologica, “i pini non sono autoctoni e nella zona di piazza Torino un tempo c'erano i lecci dei macchioni” dicono i fautori del taglio dei pini. Se per questo anche le case, gli alberghi, le strade non c'erano nella piana di Marina di Campo, ma nessuno chiede di ripristinare
lo stato originario di quei luoghi; anche se oggi una bella riflessione su dove sia stato costruito andrebbe fatta.
La spiaggia in erosione, la strada e le ville del lungomare in pericolo, bar e ristoranti potenziali prede dei marosi, il porto perennemente insabbiato e un'alluvione a dimostrazione che non sono i pini a essere le sole cose che non c'erano prima degli anni '50. Onestà vorrebbe che si dicesse che l'urbanistica di Marina di Campo è stata tutta uno sbaglio. Non chiedo di abbattere tutto, chiedo di riflettere. Quel pino di piazza Torino è un bellissimo monumento arboreo, dona dignità a quell'incrocio, così anonimo e da triste periferia urbana, su quell'angolo di strade incombono 2 dei palazzi più stonati con il contesto del resto della cittadina, poco più avanti c'è l'imponente casermone di un Hotel, costruito su una duna di sabbia, quella stessa sabbia
che oggi manca alla spiaggia, alla nostra economia e al nostro futuro.
Idiozie architettoniche e scelte urbanistiche errate di decenni, avendo costruito strade e case ovunque, persino nell'alveo dei fossi, che regalano alle generazioni dei figli e nipoti un paese balneare la cui economia è in crisi soprattutto per l'opera dei propri progenitori. Quegli stessi uomini che decretano con una certa leggerezza la mortificazione della natura, negando ogni propria responsabilità sullo scenario attuale di povertà prodotta dal senso di infallibilità e di delirio di onnipotenza che una betoniera, ruspa o una motosega dona loro con troppa facilità.
Prima di segare quel pino chiediamoci cosa, come e dove abbiamo edificato e perché siamo costretti a fare offerte last minute e sconti per lavorare in uno dei golfi e delle spiagge più belle del Tirreno.
Il taglio di quel pino è la metafora di questa ex ricca località balneare e sembra quasi incarnare quell'abusata profezia pellerossa “quando l'ultima acqua sarà inquinata, quando l'ultimo pesce sarà pescato, quando l'ultimo albero sarà abbattuto, solo allora capirete che il denaro non si mangia”... quello che la profezia non aggiunge è che tutti questi sacrifici di natura non hanno neanche prodotto benessere e denaro per le successive generazioni. A Marina di Campo si è depredato un paese del proprio ricco futuro economico, si è scelta la via del “tutto e subito”, gli anni d’oro ci furono forse anche perché anche i pini decretarono il clamoroso successo turistico di questa località, trattarli senza rispetto è un abominio e per questo dico:
“Salviamo il soldato Pino” e valorizziamo quella piazza partendo dalla posizione di centralità di quell’albero.
Paolo Franceschetti - commerciante
					
					
					
				