Leggende bancarie
Thursday, 5 April, 2012
Ieri, il vicedirettore generale (oltre che capoeconomista) della Banca dโItalia, Salvatore Rossi, ha pronunciato parole che avrebbero meritato maggiore eco sulla stampa, perchรฉ potrebbero contribuire al decisivo debunking della fola secondo la quale โle banche si indebitano allโ1 per cento e prestano allo Stato al 4-5 per cento e oltre, quindi scoppiano di profittiโ. Non รจ cosรฌ, fatevelo entrare in testa.
Con le parole di Rossi:
ยซI finanziamenti straordinari dellโEurosistema andavano a compensare il venir meno di una forte componente della raccolta bancaria: era quindi illusorio che avrebbero fatto aumentare il credito alle imprese; hanno invece contribuito a frenarne la riduzioneยป
Proprio cosรฌ: le banche hanno subito una forte frenata nella crescita, ed in alcuni casi una contrazione della propria base di depositi. E poichรฉ i depositi sono il carburante per gli impieghi, se non si fosse posto un argine a questa inquietante tendenza, lโesito prevedibile sarebbe stata la liquidazione di attivi, cioรจ il rientro da prestiti erogati. Una condizione di credit crunch ancora piรน severa di quella che stiamo attualmente sperimentando. Come sa chi ha la pazienza di leggere questo sito su base piรน o meno regolare, inoltre, i finanziamenti triennali della Bce alle banche italiane sono stati una frazione relativamente contenuta della quota di impieghi (tra il 3 ed 10 per cento). Il fatto che lo stock di titoli di stato italiani sia aumentato, nei mesi successivi alle aste LTRO, non confuta la tesi di Rossi (e nostra): solo una quota relativamente contenuta di quei prestiti รจ finita in titoli di stato.
Non รจ infatti un caso che, contrariamente alle attese (anche nostre), ben poche banche abbiano proceduto al riacquisto sul mercato secondario di proprie obbligazioni subordinate, per realizzare plusvalenze con cui irrobustire il proprio capitale. La prioritร era quella di contrastare il calo di depositi.
A margine, una osservazione sullโaudizione di ieri in Commissione Industria del Senato del presidente dellโAbi, Giuseppe Mussari, che ha detto:
ยซLโindustria bancaria italiana non guadagna il giusto e rischia di cambiare natura ed essere fagocitata dallโesterno, con grave nocumento per lโeconomia nazionaleยป
A parte quel termine, giusto, che รจ piuttosto naif e sintetizza la natura ultracorporativa della societร italiana, sarebbe opportuno ricordare a Mussari che, se le banche italiane sono in grave difficoltร , e se ciรฒ provoca โgrave nocumentoโ allโeconomia nazionale, ciรฒ deriva anche dai marchiani errori strategici di una casta di banchieri che hanno sistematicamente distrutto valore nel settore, preoccupandosi soprattutto di mantenere buone relazioni con la politica, impersonata dalle fondazioni, ed estrarre parassitariamente imponenti benefici privati per sรฉ. Sono banalitร assolute, lo sappiamo, motivo per il quale non andremo oltre. Ci basterebbe che la nostra cosiddetta โclasse dirigenteโ smettesse di recriminare su presunte cause esterne dellโinabissamento del paese, quando in realtร รจ tutto e rigorosamente endogeno. Ma anche questo รจ chiedere troppo.
