Chiedo scusa a tutti, ma il link non funziona ancora, di seguito l'articolo apparso su "Corriere.it".
Meditate gente meditate
Crolla il turismo made in Italy, eravamo il primo paese ad attirare gli stranieri adesso siamo al quinto posto.
[SIZE=1]Diceva lo scrittore Henry Miller che la destinazione di un viaggio ยซnon รจ mai una localitร ma piuttosto un modo di vedere le coseยป. Ecco, come modo di vedere le cose, l'Italia non piace piรน come una volta. Nel 1970 eravamo il primo Paese al mondo per numero di turisti stranieri. Da molti anni siamo ormai scivolati al quinto posto, dietro Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina. E nel 2020, secondo le previsioni dell'Organizzazione mondiale del turismo, perderemo altre due posizioni, finendo dietro anche a Gran Bretagna e Hong Kong. Un declino che sembra inarrestabile per un settore che da noi vale il 10 per cento del Pil, dร lavoro a due milioni di persone e muove ogni anno 90 miliardi di euro. Non รจ solo una questione di orgoglio nazionale, dunque. Ma un serio problema economico che in tempo di crisi potrebbe avere conseguenze devastanti. Perchรฉ stiamo scivolando indietro? In parte, ma solo in parte, non dipende da noi. ร tutta l'Europa ad essere in declino: negli anni '80 copriva i 2/3 delle destinazioni mondiali fra una decina di anni scenderร al 40 per cento.
Il turismo tradizionale โ cittร d'arte, mare e montagna โ perde colpi a vantaggio di quello verde e ambientale, piรน in linea con lo spirito dei tempi. E infatti stanno lievitando mete fino a pochi anni fa di nicchia come la Patagonia, le Galapagos, la Namibia o la Nuova Zelanda. Ma la responsabilitร รจ soprattutto nostra. Una prima spiegazione โ poco originale e piuttosto sconfortante โ รจ che la nostra industria turistica รจ poco competitiva. Nella speciale classifica del World Economic Forum, l'organizzazione che ogni anno cura il meeting di Davos, siamo solo al 28/mo posto. Buoni ultimi nella vecchia Europa a 15, dietro a tutti i nostri potenziali rivali come Francia e Spagna, che infatti attirano piรน stranieri di noi. E superati da Paesi che non hanno certo nel turismo il loro cavallo di battaglia come il Lussemburgo. Cosa vuol dire poco competitivi? Lo spiega ยซL'Italia. Il declino economico e la forza del turismo ยป, una corposa ricerca a cura di Attilio Celant, direttore del Master in economia e management del turismo dell'Universitร la Sapienza di Roma, e Maria Antonella Ferri, che insegna nello stesso master. I nostri difetti peggiori โ secondo il rapporto del World Economic Forum โ sono le infrastrutture non sempre all'altezza della situazione (alberghi ma non solo), la mancanza di un cervello pensante che possa organizzare l'offerta nazionale, e anche uno scarso utilizzo di Internet, che ormai รจ l'agenzia di viaggio piรน utilizzata al mondo.
Con ordine. Forse รจ una caratteristica che si intona bene con l'immagine dell'Italia nel mondo, ma l'Organizzazione mondiale del turismo la sottolinea quasi con orrore. Nel nostro Paese solo il due per cento degli alberghi รจ affiliato ad una catena internazionale. Una fetta minuscola se paragonata non solo al 70 per cento degli hotel americani, ma anche al 12 per cento della Spagna, al 18 della Francia o al 20 della Gran Bretagna. Certo, lo straniero che sceglie l'Italia per le sue vacanze preferisce la gestione familiare della pensione Maria al super hotel con mille stanze arredate nello stesso modo a Buenos Aires come a Vienna. Ma se Maria e i suoi figli accolgono (magari al meglio) chi ha giร deciso di partire, solo le grandi catene riescono a ยซcreareยป turisti, offrendo tariffe speciali a chi รจ giร stato cliente dei propri hotel in altri Paesi, oppure puntando sui grandi numeri di chi viaggia per congressi e fiere. A parlare sono i soldi: la produttivitร del personale che lavora negli hotel italiani รจ bassa. Secondo uno studio della commissione europea siamo al dodicesimo posto tra i 27 Paesi dell'Unione Europea con poco piรน di 25 mila euro l'anno per addetto.
Quasi la metร del Belgio, e ancora una volta dietro ai nostri rivali europei Francia, Spagna e Gran Bretagna. Altra mancanza โ secondo lo studio realizzato dai professori del master della Sapienza โ รจ la scarsa attenzione a settori specifici che in tempo di crisi possono garantire la sopravvivenza, come il low cost e i giovani. In Italia praticamente non esistono i cosiddetti budget hotel, le catene con servizi spartani e tariffe contenute, che vanno forte in Francia e Spagna. Cosรฌ come sono una raritร gli ostelli della gioventรน, che magari non porteranno soldi a palate ma formano i viaggiatori di domani, quei ragazzotti che oggi girano con lo zaino in spalla e tra qualche anno potrebbero tornare con moglie, figli, e un portafoglio pieno di carte di credito. Siamo indietro, dunque. E siamo indietro non solo quando un inglese o un americano atterrano a Fiumicino o alla Malpensa ma giร prima. Ormai in Europa il 34 per cento delle prenotazioni alberghiere viene fatto direttamente via Internet dai siti degli hotel, saltando l'intermediazione delle agenzie. Un modo per risparmiare qualche euro che โ con la crisi economica e la filosofia del risparmio che conquista anche i ricchi โ รจ destinato a diffondersi sempre di piรน. Ecco, in Italia le prenotazioni via Internet sono al 24 per cento, dieci punti sotto la media europea. Per la semplice ragione che sono pochi gli hotel che offrono questo servizio: il 60 per cento contro una media europea del 72 per cento. Le bacchettate non finiscono qui.
Lo studio sottolinea come l'Italia spenda per la promozione piรน o meno la stessa cifra degli altri Paesi del Vecchio continente: 160 milioni di euro l'anno contro i 180 della Francia e 170 della Spagna. Solo che piรน della metร di questa somma viene assorbita dagli stipendi e dalle consulenze delle strutture che di questo si occupano. Cosรฌ come manca, sempre secondo la ricerca, un coordinamento reale che promuova il marchio Italia, magari unendo gli sforzi di cittร d'arte, mare e montagna che oggi corrono ognuno per conto proprio e invece potrebbero finire facilmente nelle stesse campagne e negli stessi pacchetti. Il risultato di questo triste panorama? Ci aiutano le fosche previsioni del ยซWorld travel & tourism councilยป, l'organizzazione mondiale che riunisce i principali operatori del settore. Tra dieci anni l'Italia rischia di perdere un posto (dall'ottavo al nono) nella classifica mondiale del Pil del settore turistico, di perdere un altro posto (dal quinto al sesto) nella graduatoria dei soldi portati dai viaggiatori stranieri. E addirittura di uscire dalla top ten, oggi siamo ottavi, per gli investimenti nel settore turistico. Un disastro che non solo offuscherebbe l'immagine di quello che un tempo era chiamato il Belpaese. Ma che darebbe un colpo forse mortale ad un'economia giร scricchiolante.
Lorenzo Salvia
08 febbraio 2009[/SIZE]