[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_34/palombi.JPG[/IMGSX] La questione del Comune Unico non sembra appassionare affatto perché appare come un vecchio e stanco refrain di chi, probabilmente, ha poca dimestichezza, se non con la democrazia, con la statistica. Come afferma giustamente il buon Alessandro Dini, il comune unico è argomento superato dagli eventi, dal momento che si è votato solo 9 anni fa ed il risultato è stata una cocente sconfitta per i Sì (4.705 pari al 39,64% contro i No 7.162, 60.35%). Il motivo principale della sconfitta è di facilissima lettura. I Sì hanno vinto solo nel Comune di Portoferraio, che sarebbe stato chiaramente il Comune sede del Municipio e dove si sarebbe accentrato tutto il potere decisionale dell’isola, a scapito della quasi nulla rappresentanza degli altri territori.
Dopo 9 anni, il corpo elettorale dell’isola rimane praticamente lo stesso. I nuovi aventi diritto di voto sarebbero poche decine (voterebbero tutti coloro che in questi 9 anni hanno maturato il diritto di voto per sopraggiunta età, quindi qualche decina di ragazzi che vanno dai 18 ai 27 anni) e perderemo qualche elettore che, ahimè, in questi anni, non è più tra noi. Ergo, questi numeri non fanno altro che confermare che il corpo elettorale coincide praticamente nella totalità con quello precedente, con qualche differenza statisticamente non significativa. Per quale motivo gli elettori dovrebbero cambiare idea in massa, se le convinzioni per cui si è votato “No” sono fortissime perché radicate quasi antropologicamente in una isola, in cui il senso di appartenenza dei singoli territori è fortissima e perché è ormai è noto che la centralizzazione dei poteri produce sempre disparità delle zone periferiche?
Ma quello che mi ha particolarmente colpito, rispetto alle ragioni dei promotori del referendum di 8 anni fa, che erano comunque espressione di una determinata e sensata visione politica, seppur personalmente non condivisibile, è la superficialità con cui gli attuali promotori trattano tale argomento. Un coacervo di qualunquismo e populismo con cui licenziano i dubbi degli interlocutori utilizzando termini un po’ retrò come una non ben determinata "mangiatoia" (termine molto in voga molto negli anni ’80). Oppure ricorrendo alla presunta consapevolezza di alcuni sindaci e della grande maggioranza dei consiglieri comunali contrari che “non vorrebbero rinunciare al loro potere e clientele con il Comune dell'Isola d'Elba” (frase ad effetto ma che mal dissimula, non solo un mancato rispetto, ma una vera e propria ingiuria verso le istituzioni dell’isola, ben oltre la diffamazione). E non poteva certo mancare la Regione matrigna che ostacola la proposta di legge (Regione Toscana che, al contrario ha sempre fortemente sponsorizzato i referendum di fusione tra Comuni) perché con essa “l'Elba diventerebbe più autonoma, ricca e indipendente e non è questo che la Regione desidera”.
Ma quello che è più raccapricciante è la banalità e l’approssimazione con cui vengono affrontati temi di strategica importanza per l’isola che denota, come minimo, una totale mancanza di competenza amministrativa ed istituzionale. Si afferma che il Comune dell'Isola d'Elba dovrebbe essere istituito “per acquistare autonomia dal continente, per accedere ai finanziamenti europei per le grandi infrastrutture delle quali l'Elba necessita - ospedale, Aeroporto, Porti, Depuratori, nuovi impianti idrici ed elettrici, etc.) che solo Bruxelles ci può dare, non Firenze e Roma”.
Vorrei capire, ad esempio, quali sono i finanziamenti che arriverebbero da Bruxelles per l’Ospedale, se l’Elba esprimesse un solo comune unico. Secondo il latore di tale ragionamento insensato, la sanità elbana sarebbe di competenza regionale se i comuni sono 7, ma diventerebbe di competenza dell’Europa se il comune è unico? Su quali basi l’ospedale in un comune unico può accedere ai finanziamenti di Bruxelles? Anche i fondi europei del PNRR (missione 6), sono gestiti dal Ministero tramite le Regioni, ma sono assolutamente indipendenti dall’assetto istituzionale del territorio. Anzi, hanno maggiore forza se espressi da più comuni, come nel caso dei consorzi tipo Società della Salute, che sono un esempio virtuoso di gestioni associate.
Stesso dicasi dei porti elbani che sono infrastrutture gestite o dall’Autorità di sistema portuale sottoposte a controllo ministeriale (Portoferraio e Rio) o dalla Regione (Marina di Campo) per cui le linee di finanziamento e di gestione non passano certo da Bruxelles ma da Governo e Regione e tale assetto non è certo condizionato dall’eventuale istituzione del comune unico dell’Elba.
Insomma, mi rendo conto di essere andato lungo e mi fermo qui.
Ma se si vuol essere credibili nell’esprimere una legittima visione di sviluppo che passi per una semplificazione territoriale (già ampiamente bocciata in tempi recenti), è assolutamente necessario che si declinino i temi in maniera seria e convincente, cercando di evitare quella facile demagogia a cui, fortunatamente, non crede quasi più nessuno.