Corriere Fiorentino del 12 ottobre 2021
Alla Moby finisce l’era Onorato. Debiti, tribunali e un’inchiesta
Sul web l’annuncio delle dimissioni da presidente:
«Due anni di attacchi vigliacchi»
di Mario Lancisi
Floyd Frugo è un italiano del New Jersey condannato a morte per troppi debiti, il suo destino sembra segnato, ma alla fine si salva, almeno così racconta l’armatore Vincenzo Onorato, 64 anni, in Floyd Frugo. Una favola no global, edito da Mondadori nel 2003, prefazione di Umberto Brindani, attuale direttore di Oggi. Forse, chissà, Onorato aveva ben presente questa sua favola scritta quando alle 22 di lunedì scorso, nell’ora in cui solitamente si raccontano fiabe ai bambini per farli addormentare, ha annunciato via Facebook il suo addio alla guida del gruppo Moby. E lo ha fatto con ampollosa solennità («Alle donne e agli uomini di Onorato Armatori»), con rabbia contro i nemici («gli attacchi vigliacchi che si protraggono da oltre due anni») e previsioni fiabesche («stiamo costruendo i traghetti più grandi che abbiano mai solcato i mari, il primo dei quali sarà varato a fine mese»).
Fatto è che Vincenzo Onorato lascia la guida della sua creatura. La Balena Blu. E così si rivolge ai suoi dipendenti: «Quarant’anni fa ho fondato Moby partendo da una piccola nave e 12 marittimi, creando, insieme e soprattutto grazie a voi, e grazie a 140 anni di storia e cultura armatoriale, delle quale sono custode, la prima compagnia di traghetti mondiale con 6 mila marittimi tutti italiani». Pesa sicuramente nell’addio del fondatore di Mascalzone Latino la crisi del suo gruppo armatoriale, Onorato Armatori, che include Moby e Cin, ex Tirrenia.
Debiti, richiesta di concordato e persino di fallimento per la Cin. E, nei giorni scorsi, la notizia di un’inchiesta della Procura di Milano in cui sarebbero coinvolti Vincenzo Onorato e il figlio Achille, presidente e amministratore delegato del Gruppo Moby, per presunta bancarotta fraudolenta. Nel mirino dei magistrati ci sarebbero spese ed erogazioni della società non compatibili con la sua ragione sociale: fondi per aerei, ville e contributi alla politica.
«Credo che Onorato abbia pagato i limiti di sviluppo di Moby, troppo piccola come compagnia rispetto alla concorrenza. Da qui ha cercato nuove rotte e nuove soluzioni come l’acquisto di Tirrenia, un carrozzone statale, attraverso Cin. La lite con i soci di Cin e il successivo acquisto di tutte le loro quote non si è rivelato fortunato perchè nei bilanci di Tirrenia non c’è stata la svolta auspicata», spiega Ruggero Barbetti, ex sindaco di Capoliveri, che conosce bene Onorato, proprietario di una sontuosa villa sul golfo di Portoferraio, dove Moby ha la sua sede amministrativa.
Così per meglio difendersi dalle accuse di bancarotta e un po’ per consentire a chi verrà dopo di lui di rimettere in carreggiata un gruppo in cui le compagnie, si difende Onorato, sarebbero tuttavia «solide, forti e soprattutto liquidissime», il patron di Moby lascia, si fa da parte. E così finisce un’epoca: «Per i nostri porti Moby è stata una presenza significativa e creativa. Un’azienda che ha trasportato milioni di persone», riconosce Luciano Guerrieri, presidente dell’Autorità portuale di Livorno e Piombino.
Conclude Barbetti: «Moby e Onorato hanno rappresentato molto per lo sviluppo turistico dell’Elba quando Toremar non era in grado di soddisfare la domanda turistica sempre crescente. Gli albergatori e gli elbani hanno sempre accusato Onorato per i traghetti troppo cari ma anche quest’anno è stato dimostrato che non è il prezzo dei traghetti che ha frenato in passato i flussi turistici. Dai primi anni ‘80, Moby è cresciuta con l’Elba e l’Elba è cresciuta con Moby».