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RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, OVVERO LA GIUSTIZIA GIUSTIZIATA da piero in campo pubblicato il 10 Luglio 2021 alle 12:03
Se avete lo stomaco forte, leggete l’intervento che ha pubblicato oggi Marco Travaglio e che così comincia “Aridatece il caimano!: Le conseguenze politiche del Salvaladri approvato dal Consiglio dei ministri sono una grande Operazione Verità: Draghi si conferma il nuovo capo politico dei 5Stelle, rendendo superflua la trattativa con Conte; Grillo si conferma il garante non del M5S, ma di Draghi……” Siamo ormai arrivati al de profundis sulla giustizia, si è concluso l’ultimo atto della vergognosa pantomima fra Grillo e Conte e consacrato il definitivo suicidio del movimento 5 stelle: ‘o buon principio, a che vil fine convien che tu caschi!’, direbbe Dante. Stendiamo un velo pietoso su questa miserabile istoria tutta italiana e, per restare sull’argomento, vorrei parlare di un personaggio altrettanto famoso quanto Dante che di giustizia se ne intendeva e che 500 anni fa ha descritto come funzionava in Francia il sistema giudiziario, presieduto dal giudice Bridelois, (in francese incasina-leggi, corrispondente al nostro azzeccagarbugli) il quale aveva risolto il problema della lentezza della giustizia facendo decidere i processi ai dadi. Aveva infatti constatato che, diversamente, succedeva quello che fin dai tempi di Chilone Lacedemone stava scritto sul tempio di Delfo: “MISERIA E’ COMPAGNA DI PROCESSO E MISERABILI SEMPRE I LITIGANTI PERCHE’ GIUNGONO PRIMA ALLA FINE DELLA LORO VITA CHE DEI LORO PRETESI DIRITTI” Si tratta di François Rabelais e, per chi ha un po’ di tempo da perdere per leggerla (e non detesta troppo il latinorum), propongo la sua soluzione all’annoso problema della malasorte che inesorabilmente colpisce l’incauto richiedente giustizia. L’impostazione è ovviamente ironica, ma in realtà raffigura quello che si sta verificando da sempre nei processi dove, se non hai i soldi e la faccia tosta del Caimano per comprarti i giudici o un’improbabile fortunaccia, non hai scampo. Vantiamo infatti un apparato giudiziario fra i più disastrati del mondo e ci mancavano solo gli attuali ‘migliori’ per peggiorarlo ulteriormente grazie alla giravolta acrobatica di un Grillo impazzito e irriconoscibile. Persino i magistrati hanno già dichiarato che boicotteranno la nuova legge! Possiamo così celebrare il definitivo funerale sia della giustizia che dell’unica speranza, se ancora ce n’era rimasta una, che potesse contrastare la banda di assatanati impresentabili - sia di destra che di sinistra - che ci ritroviamo al governo per grazia divina e volontà del nostro ameno presidente. Non ci resta che sperare nella nazionale di calcio. Buon divertimento! ALEA JUDICIORUM L’incertezza dei Giudici, ovvero i dadi dei Giudici [IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_30/pantagruel.JPG[/IMGSX] Cicerone diceva “Salus iustitiae suprema lex esto”. Ed ecco perciò come il famoso Giudice della Sorbona Bridelois espone le ragioni per le quali esaminava minutamente i processi che poi decideva giocandoli ai dadi. Nello “speculum Judicale” osservano i Dottori che il trarre a sorte è cosa ottima, onesta, salubre, utile e necessaria nello sbrigar fuori processi e liti. Et ibi Bartholous. Ma ciò non prima di aver rispettato due regole fondamentali. Innanzitutto la forma, omettendo la quale tutto quello che si fa resta invalidato, giacchè “forma mutata, mutatur substantia” (Brocardium juris). E cioè procedo, secondo le consuetudini alle quali le nostre leggi comandano di attenersi sempre, avendo ben bene visto e rivisto, letto e riletto, squadernato e sfogliato, razzolato e scartabellato protestazioni, comparizioni, aggiornamenti, rilievi, nomi dei relatori, istruttorie prima del processo, allegazioni, pezze d’appoggio, richieste di prove, contraddittorie, inchieste, repliche, dupliche, tripliche, quadrupliche, processi verbali, ricuse di testimoni, riserve opposte alle ricuse, deposizioni, confronti, dilatorie, impugnazioni, evocazioni, confessioni, designatorie, anticipatorie, invii, rinvii, dichiarazioni di non luogo a procedere, conclusioni, confutazioni, transazioni, ordini esecutori e simili confetti e spezierie da una parte e dall’altra, come deve sempre fare il buon Giudice. In secondo luogo considero che il tempo matura e mette in chiaro ogni cosa, poiché il tempo è padre della verità. La natura stessa insegna a cogliere e mangiare i frutti quando son maturi e a sposare la ragazze a tempo debito. Che non si debba, insomma, fare o decidere nulla se non a piena maturità, come si trova anche in Virgilio: Iam matura thoris, plenis adoleverat annis virginitas “Festina lente”: ed è per questo, appunto, che io soprassiedo, diluisco e differisco il giudizio affinchè il processo, ben pasciuto, ventilato, crivellato e dibattuto, arrivi in prosieguo di tempo alla sua maturità ed al giudizio della Sorte che sarà più in santa pace accettato dalla parte condannata, come osserva il buon maestro Janothus de Pistolis: Portatur leviter quod portat quisque libenter A questa situazione contribuiscono validamente, giacchè “vigilantibus iura subveniunt” pecuniosi uscieri, notai, apparitori, dorifagi, epistolografi, basocci, cursori, procuratori, commissari, cancellieri, inquisitori, tabellioni, sergenti, avvocati e giudici pedanei succhiando tutti ben forte e continuamente le borse delle parti in causa poiché, come ben sapete, “pecuniae oboediunt omnia”, e l’ha detto il Saliceto nella legge “De constituta pecunia” dove sta scritto: Qui non laborat non manige ducat E ne abbiamo sentenze deifiche nelle Decretali di Parigi, come annota il Baldo nella Glossa alla legge “Singularia”: Litigando jura crescunt. Litigando Jus adquiritur. Et cum non prosunt singula, multa juvant Così i miei litiganti si trovano sempre già arrivati per conto loro al grado estremo delle loro cause, perché hanno ormai la borsa vuota per continuare a piantar grane: “deficiente pecunia, deficit omne”. Ma intanto hanno reso il processo perfetto, vispo e ben formato poiché, come sostiene il mio Cancelliere Baisecul: Pecunia est alter sanguis et vita hominis atque optimus fidejussor in necessitatibus E qui sia notato che in tali condizioni risultano più felici i litiganti che non i Ministri della Giustizia, perchè, come si sa e come conferma con cristiano altruismo la Glossa Canonica “Pecunia fidens” Beatius est dare quam accipere, ergo: accipe, sume, cape, sunt verba placentia Papae Ora, anche se “a cul di cagone non manca mai merda”, come ben dice il noto apoftegma, bisogna considerare che: Ad praesens ova, cras pullis sunt meliora come spiega la Glossa ”In lege advocati” quando suggerisce che, a volte, è saggio seguire il consiglio di Ovidio: Odero si potero: si non, invitus amabo Cioè questo è il momento in cui tutti sono stanchi di guerreggiare ed in nome di Dio e di sua Madre sono obbligati a riflettere e a mettere da parte citazioni e protestazioni per poter tirare il fiato. E così dice Cornelio Nepote: Paritur pax bello et dulcior est fructus post multa pericula ductus A questo punto, resolutorie loquendo, io metto da una parte del tavolo del mio gabinetto tutte le scartoffie del convenuto e concedo a lui per primo gli eventuali favori della Sorte, come appunto è scritto in “Favorabiliores”: Cum sunt partium jura obscura, reo favorendum est potius quam actori Dopodichè colloco tutte le scartoffie del querelante dall’altra parte del tavolo, “visum visu”. Perché, come è noto: Opposita juxta se posita magis elucescunt Così facendo ammetto anche lui agli eventuali favori della Sorte. E quando vedo una gran quantità di atti ben ammonticchiati, classificati e incartati da una parte e dall’altra, tiro fuori bellamente i miei dadi e in virtù della legge “Semper in stipulationibus” dò sentenza favorevole a colui che primo arriva al numero di punti richiesto dalla Sorte Giudiziaria, Tributaria e Pretoriale dei dadi. Come comanda il nostro Diritto: Qui prior est tempore potior est in jure Infine licenzio tutti ordinando che ciascuno si ritiri nella sua ciascuniera, senza le spese e per giusta ragione. Valete et plaudite – Roma locuta, causa finita. Imprimatur ut omnes boediant, sotto pena di scomunica trisulca. Dai fatti e detti eroici del buon Pantagruele, composta da Mastro François Rabelais, Dottore in Medicina, Astrattore di Quintessenza e Yerofante delle isole di Hyères. A.D. 1546
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