E CI VOLEVA TANTO?
Marciana e la zecca inventata. Un appropriazione pluriennale di un patrimonio culturale appartenente all’ umanità
di Alberto Zei
[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_30/zei.JPG[/IMGSX] Dopo tante smentite sull’origine dell’ipogeo di Marciana Alta non si possono dimenticare non tanto i sostenitori del mausoleo etrusco che dimostravano la sua origine, datando anche il secolo di costruzione , quanto coloro che insistevano che quel luogo angusto e tetro fosse invece una zecca del Principato degli Appiano.
Il massimo esperto
Si ricorda che nel 2018 la Soprintendenza inviò come massimo esperto di archeologia il Prof. Donati, ordinario fino a poco tempo prima di etruscologia all’Università di Firenze nonché Segretario Generale dell’Istituto Nazionale di Studi Etruschi e italici, ossia fra i maggiori esperti mondiali di tutto ciò che si può sapere sull’ Etruria. Il professore si recò a Marciana dove il Comune aveva trasformato in una sorta di cornucopia quello stesso ipogeo da cui nei secoli scorsi sarebbero scaturiti ballanti sonanti, i denari del Principato di Piombino. Questi dopo avere esaminato l’ipogeo e analizzato la struttura architettonica le caratteristiche delle celle e le estensioni laterali dei due bracci (vedasi figura e la perfetta simmetria dei simbolici solchi arcuati scolpiti nella volta e nelle pareti dell’ipogeo), conclude la sua perizia in modo sconcertante, ignorando anche per archeologia comparata il mausoleo etrusco di Castellina in Chianti (vedasi figura) dall’aspetto architettonico pressoché speculare.
In merito alla sua incapacità di riconoscere un manufatto etrusco come appunto quello visitato, aggirando ciò su cui ha ritenuto di non potersi pronunciare, egli conclude che di fronte a casi complessi come questo, occorre avere la modestia e la prudenza di riconoscere che non tutto al momento è per noi spiegabile.
Forse è stata questa la risposta che più ha deluso le aspettative degli interessati in quanto, se questo era il parere del più esperto dell’arte etrusca che la Soprintendenza aveva incaricato, sorgeva spontanea la domanda attraverso chi allora la stessa Soprintendenza fosse in condizioni di esprimersi su pronunciamenti di più alto livello.
La parabola della Zecca
Allo stato attuale delle cose, lasciando ancora aperto il pronunciamento ufficiale dei restanti meno esperti in materia su questo stesso mausoleo, qualche cosa di importante definitivo è venuto inaspettatamente alla luce durante la ricerca negli archivi bibliotecari di Roma sul principato di Piombino. Sono stati infatti ritrovati da due ricercatrici alcuni documenti riguardanti le condizioni del Principato nel periodo della fine della dinastia (1628) dei Principi Appiano. Il periodo che qui interessa riguarda gli anni in cui rimasta soltanto Isabella succeduta al fratello Bernardo VII che per mantenere il controllo del Principato si avvaleva della sorveglianza di personaggi fedeli a cui quest’ultimo aveva donato molto più probabilmente per interesse che per generosità, alcune proprietà strategiche del principato.
Uno di questi era e il maggiordomo Grimaldo Bernotti al quale fu affidata la sorveglianza di una vasta altura dell’Elba che faceva capo al paese di Marciana.
Bernotti nel 1621 chiede a Isabella la donazione di un canale di acqua per il giardino annesso alla sua abitazione. Era un condotto usato da altri proprietari terrieri, ma come egli ricordava alla Principessa, si trattava di quello stesso canale che alcuni decenni prima, Iacopo VI (morto nel 1585) intendeva utilizzare per la edificazione di un proprio palazzo dentro la fortezza, ma che poi non fu mai costruito.
La memoria storica
È così che con il passare dei secoli e della memoria storica deli’ attuale Comune di Marciana, l’abitazione costruita dal maggiordomo con l’antistante giardino, è divenuta il Palazzo-residenza dei Principi Appiano. Sennonché la superstite Isabella con tutti i problemi di gestione, tra cui quelli dinastici, probabilmente all’Elba non c’era mai stata. Isabella rimasta vedova, a volte succede anche questo, per mantenere il Principato nel 1622 sposa il duca di Bracciano, Orsini con il quale, lasciato Piombino, l’Elba non la vedeva nemmeno più con il cannocchiale da piazza Bovio in quanto andò a gozzovigliare nei fastosi palazzi di proprietà Orsini fino all’anno 1628 in cui ha termine la sua sovranità sul Principato. Accavallandosi in tal modo gli eventi, è logico pensare che l’idea di costituire una zecca all’ Elba nello “scantinato” di un maggiordomo di corte, tale era appunto Grimaldo Bernotti, non potesse neppure sfiorare il pensiero di quei sovrani “a tutt’altre faccende affaccendati “.
Se vi fosse ancora qualche ostinato sostenitore del “Palazzo degli Appiani”, vada a visitarlo a Marciana Alta in via della Tomba (guarda caso, così chiamata); sopra il portone d’ingresso troverà lo stemma su cui però, in luogo dei Principi Appiani, leggerà il nome del proprietario del palazzo, ossia di “Grimaldo Bernotti”.
A proposito del Barbarossa
Mancando così il palazzo degli Appiani nella storia di Marciana per aver Bernotti edificato in quel luogo la propria residenza, è inconcepibile che si possa ancora parlare di zecca.
Questa contraddizione riporta la memoria una nota poesia del Carducci, intitolata il Parlamento in cui il poeta riferendosi alla distruzione pressoché totale di Milano da parte del Barbarossa (non di Ariadeno, di elbana memoria) usa l’espressione. “Né la torre v’ era, né alla torre in cima la campana”. Certamente, si dirà, se non vi era la torre non poteva esserci in cima la campana. Solo che Carducci usava una licenza poetica, mentre all’ostinazione di Marciana di volere una zecca annessa al Palazzo Appiani mai esistito, non si può certo attribuire lo stesso rango.
Alla luce dei fatti, non voleva sicuramente la pena di tanto conflitto mediatico tra i sostenitori dell’una e dell’altra parte tra cui come si ricorderà, il Prof. Zecchini che alla luce della sua esperienza di archeologo, da sempre sosteneva che il contestato ipogeo di Marciana fosse un pregevole manufatto sepolcrale di epoca etrusca scavato intorno al VII secolo a.C.
Ma ancora non basta
Qualcuno potrà dire che se anche è stata sconfessata l’esistenza della zecca, ciò non significa che sia stata dimostrata l’autenticità del mausoleo etrusco. Ciò è vero ed è proprio per questo motivo che qualcuno degli esperti in materia ma di più chiare vedute dei personaggi del passato inviati dalla Soprintendenza, dovrà apprestarsi a formalizzare alla luce degli obiettivi riscontri, la vera natura dell’ipogeo di Marciana. Dopo tanti anni di tempo perduto, questo accertamento si rende necessario, non per una mera rivendicazione di verità professionale ma per la restituzione al patrimonio del nostro Paese di un bene di inestimabile valore archeologico museale ubicato a Marciana ma appartenente all’intera umanità.