[COLOR=darkblue][SIZE=2] ALL’ELBA UN DISSALATORE IN LUOGO DI UN ACQUEDOTTO [/SIZE] [/COLOR]
Sembra quasi inconcepibile in tema di acquedotto che si voglia imporre all’Isola un rimedio di questo genere quando l’acqua piovana all’Elba ha un volume nell’anno, multiplo rispetto a quello di tutte le esigenze invernali e estive
di Alberto Zei
[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_29/zei.JPG[/IMGSX] La suggestiva bellezza dell’ Elba e la zona agroturistica del Pian di Mola
Se qualcuno avesse ritenuto che l’Ente Parco rappresentasse un baluardo a tutela delle peculiarità ambientali delle isole dell’Arcipelago ed in particolare dell’Isola d’Elba, proprio in questi giorni avrebbe la sensazione che qualcosa sta vacillando. E’ infatti in atto una controversia del Comitato per la difesa di Mola con l’Ente Parco circa le ondivaghe decisioni sul territorio in cui la Regione Toscana intende installare il noto dissalatore.
La normativa nazionale stabilisce che le zone interessate ai particolari accorgimenti per l’equilibrio ambientale sono quelle delle aree protette. Infatti, l’ Ente Parco che non si oppone nella sua risposta a ASA al proseguimento dei lavori del dissalatore, si riferisce probabilmente al decreto della Regione Toscana dell’aprile del 2017, con il quale quest’ ultima ha escluso dalla zona protetta, inserita nella “Rete Natura 2000”, quella immediatamente confinante in cui ha sede l’impianto di dissalazione; forse ritenendo che le richieste di precauzioni ecologiche sul territorio non abbiano a che fare con la zona interessata.
Ricadute ambientali
Si deve però considerare che le leggi e le normative hanno tra di loro un rango gerarchico di prevalenza. Qualcuno dovrebbe tener conto che poco dopo, ossia, nel settembre del 2017, una sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che quando le aree esterne alle aree protette possono avere ricadute ambientali negative su queste ultime, allora ad entrambe debbano essere dedicate le medesime accortezze di protezione.
Non solo, ma vi è anche una normativa della Comunità Europea recepita nel nostro ordinamento giuridico con la sua riconferma del 2006, la quale stabilisce che le Autorità competenti devono dare il loro accordo ai progetti, quando questi stessi comportano il rischio ecologico di ripercussioni negative sull’ambiente.
La disposizione di legge chiede questo tipo di pronuncia non già sulla certezza di un danno futuro difficilmente prevedibile, ma sulla probabilità che questo possa verificarsi. L’Ente che invia il proprio parere deve solo tener conto del “principio di cautela”, ossia di quel principio prudenziale che deve essere adottato quando non si può escludere il possibile impatto negativo sul territorio protetto.
Uno degli inconvenienti previsti è quello della dispersione idrico-salina di una vasta zona agricola posta intorno all’impianto. A questo si aggiunge il paventato utilizzo dell’ acqua salmastra delle falde artesiane all’interno della zona di Mola che verrebbero utilizzate per integrare la mancanza di sale dell’ acqua distillata ricavata dal dissalatore.
Quindi, qui non si parla di certezza anche se prevedibile, perché è sufficiente la sola probabilità che l’evento possa avvenire, affinché le Autorità competenti non concedano l’autorizzazione a fare qualcosa che in seguito diverrebbe irreversibile.
Quale previsione
Chi conosce in modo sufficiente la zona di Mola non può ignorare la prevedibile certezza dell’avanzamento dalla costa del cuneo salino nei terreni circostanti, durante il funzionamento del dissalatore. Tutto ciò, sicuramente a conoscenza degli addetti ai lavori, doveva essere sufficiente per impedire alla società ASA di continuare l’ opera, mentre allo stato delle norme vigenti sulla tutela del territorio, queste non sembrano tenute nel debito conto.
Né d’ altra parte, insistere sulle caratteristiche tecniche della condotta di carico e scarico marino come se fosse questo il solo problema dell’acquedotto, non sposterà di una spanna, la serie dei problemi ingegneristici e progettuali fino adesso ignorati, a prescindere dalla scia di omissioni di legge relative a certe decisioni.
Le motivazioni di nullaosta
Va anche aggiunto che l’assenza di rischio ambientale non può essere dichiarata semplicemente attraverso un’interpretazione personale, basata sul libero convincimento di chi così si esprime. La motivazione dell’assenza di rischio deve essere argomentata, sostenuta e dimostrata, con apposita relazione la cui firma del responsabile rappresenta la garanzia che non si verificheranno nel futuro inconvenienti prevedibili al momento della sottoscrizione dell’atto.
Il principio di cautela non è una pretestuosità finalizzata ad impedire la costruzione del dissalatore. Tenuto conto come prima accennato, della particolare conformazione del territorio intorno a Pian di Mola, la risalita dal mare del cuneo salino nei terreni agricoli, sarà oltretutto facilitata dall'eccessivo abbassamento delle falde artesiane; abbassamento che durante l’estate arriverà perfino ad una decina di metri sotto il livello del mare. Questo dislivello provocato dal pompaggio nei pozzi, comporterà la risalita di acqua di mare e inevitabilmente nel tempo, un largo avvelenamento salino nel territorio circostante.
Il livello delle falde
Questa anomalia ingegneristica sperimentale, a quanto è dato sapere, mai tentata prima, intenderebbe ricavare in tal modo l’ acqua potabile destinata ai vari Comuni dell’ Isola, come si trattasse di popolazioni da esperimento.
Ma in questo caso la diluizione dell’acqua distillata proveniente dall’impianto dovrebbe essere costantemente integrata con un dosaggio ben preciso e continuativo di miscelazione di acqua locale, la quale invece sarà soggetta a una diversificata variazione dei sali in funzione della piovosità, della stagione, dei mesi, dei giorni e addirittura delle diverse ore di maggiore o minore consumo e della variazione del livello di falda della stessa giornata. Non dovrebbero esserci dubbi e anche per i soli possibili disequilibri di dosaggio che una soluzione di questo genere meriti una secca bocciatura.
Il principio di cautela
Anche se la certezza dell’ evento negativo accennato si volesse chiamare soltanto ”rischio”, non si comprende come l’Ente Parco possa dare temerariamente l’implicito nullaosta al proseguimento della costruzione dell’ impianto attraverso una dichiarazione di sicurezza non dimostrata, per garantire senza adeguate spiegazioni, la realtà futura.