[COLOR=darkblue][SIZE=3] TESORI ARCHEOLOGICI DELLโELBA NEL BRITISH MUSEUM E A BERLINO [/SIZE] [/COLOR]
[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_28/situla.JPG[/IMGSX] Non รจ un mistero che il patrimonio archeologico dellโisola ha subito una diaspora continua a partire almeno dal Settecento. Intorno al 1770, per esempio, migrรฒ verso Napoli dalle Trane, la zona dove fu rinvenuto, il famoso offerente etrusco (500 circa a. C.), che di recente รจ stato presentato al pubblico, con risonanza mediatica, nella mostra allestita a Firenze dal Museo archeologico partenopeo. NellโOttocento collezionisti e mercanti di vario genere trasferirono manufatti preistorici ed etruschi in diverse raccolte archeologiche europee. Non รจ andata meglio nel corso del Novecento (anni 60-80) quando centinaia e centinaia di anfore furono trafugate nei mari dellโElba andando ad โabbellireโ parecchi salotti-bene di cittร italiane e straniere. Il nuovo millennio, in perfetta continuitร con il passato, si รจ aperto con la clamorosa razzia del tesoro del Polluce, affondato nel 1841 di fronte a Capo Calvo.
Oggetti archeologici di primo piano - i quali a tutti gli effetti appartengono ancora allโElba, ai suoi abitanti, alla sua storia โ sono oggi conservati a Napoli, Firenze, Livorno, Reggio Emilia, Roma, Londra, Oxford, Berlino, Saint Germain en Laye, Ginevra. Non possiamo non augurarci che, esaurite le situazioni contingenti che li hanno portati in quei Musei - ai quali deve andare un forte ringraziamento per averne impedito la dispersione - essi possano finalmente tornare a casa.
Qualche grande Museo ha messo in rete foto e descrizioni delle proprie collezioni offrendo lโopportunitร a un pubblico piรน vasto di conoscerle e di apprezzarle. Valentina Caffieri, qualche tempo fa, anticipรฒ che nel British Museum di Londra sono conservati reperti preistorici raccolti sullโisola da Raffaello Foresi. Grazie alle indicazioni della dott.ssa Caffieri, una ricerca approfondita ha permesso di definire che al British รจ presente un complesso di strumenti litici preistorici riferibili al Paleolitico medio (50-40 mila anni fa), al Paleolitico superiore (20-12 mila anni fa) e allโ Eneolitico ( 5-4 mila anni fa ). Si tratta di 63 pezzi lavorati di diaspro e di selce, di cui 59 venduti nel 1868 da Foresi (o da chi per lui) e 4 molto belli (due raschiatoi laterali, un nucleo e una cuspide di freccia) giร nella collezione del grande archeologo britannico John Lubbock. A sottolineare la dimensione internazionale raggiunta da Foresi, va ricordato che Lubbock, amico di Darwin e autore di โPrehistoric Timeโ (1865), un libro che conobbe un notevole successo, ebbe rapporti di collaborazione e di stima con lo studioso elbano. Le sorprese del British non si esauriscono con i reperti preistorici: nella collezione โelbanaโ figurano infatti quattro importanti oggetti etruschi di bronzo. Tre di essi (una situla, una brocca a becco alto e una caraffa con profilo a bottiglia), omogenei da un punto di vista cronologico (V-IV secolo a. C.) e apparentemente riferibili allo stesso corredo sepolcrale, furono venduti nel 1847 al British da un mercante di nome Pietro della Rusca. La situla, a doppia maniglia con attacco ricurvo terminante a cipolla, ha lโansa configurata a sirena ed รจ decorata sullโorlo e sotto lโorlo con motivi a linguetta e a greca. Ma il pezzo forte elbano del British, venduto al museo nel 1852 dal generale Charles Richard Fox, รจ senza dubbio uno specchio di bronzo (IV-III secolo a. C.) con raffigurazione incisa di Dioniso accompagnato da Eros e da una menade.
Di interesse scientifico non minore sono i seguenti otto reperti di bronzo, presentati on line dallo Staatliche Museum di Berlino: quattro asce ad alette denominate dagli specialisti โtipo Gabbroโ, una grande fibula a staffa elicoidale, il disco di una fibula decorata con motivi geometrici, una punta di lancia che costituisce un unicum nel panorama peninsulare, un pugnaletto a base triangolare di produzione sarda che documenta contatti e scambi commerciali fra Elba e Sardegna. Sono ignoti sia il momento sia la localitร precisa di ritrovamento. Gli otto pezzi componevano un โripostiglioโ, uno dei tanti trovati allโElba (S. Martino, Colle Reciso, Montagna di Campo, Pomonte, Valle Gneccarina di Chiessi, ecc.), e furono sotterrati con finalitร non definite: potrebbe trattarsi del nascondiglio temporaneo di un tesoretto con valore monetale oppure di un occultamento rituale, unโofferta collettiva a una divinitร . Le belle foto pubblicate dallo Staatliche Museum consentono di analizzare e leggere i minimi particolari: grazie ad esse si puรฒ assegnare al ripostiglio conservato a Berlino una datazione sullโepoca di interramento un poโ piรน recente (metร circa del IX secolo a. C.) rispetto a quella proposta da altri studiosi.
Ilaria Monti e Michelangelo Zecchini