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Alberto Zei pubblicato il 24 Luglio 2020 alle 17:20
di Alberto Zei Il Nobel per l’ economia Intorno alla fine del secolo scorso fu conferito il Premio Nobel per l’economia ad un ricercatore USA che aveva matematicamente dimostrato il meccanismo dei fallimenti delle attività imprenditoriali. In termini discorsivi, questi provò che almeno l’85% dei fallimenti avveniva da parte di coloro che dopo aver effettuato un investimento, intendevano migliorare il progetto prima di portarlo a termine, operando delle varianti onerose sulla base di risultati non ancora ottenuti. Pare che vi sia molta analogia con il comportamento della ASA che anni fa, invece di completare l’ iniziale piano di lavoro già cominciato delle 21 vasche di stoccaggio idrico ad integrazione della portata dell’acquedotto dell’Isola, cambia idea. Infatti, dopo aver ottenuto la sovvenzione per la realizzazione del progetto, viene costruita la prima vasca nelle alture della località Condotto, davanti a Portoferraio. Ma l’ ASA come si vedrà, anziché proseguire, decide di abbandonare l’ opera proponendone un’ altra. I ripensamenti però, non finiscono qui. La mossa successiva All’idea dei pozzi disseminati sul territorio elbano è subentrata quella contraria dell’ approvvigionamento idrico concentrato attraverso l’ uso delle sorgenti disponibili a Pian di Mola. Il programma di lavoro prevedeva la costruzione in questa località di uno stoccaggio idrico industriale delle acque contenute nelle falde artesiane esistenti. L’impianto doveva integrare la quantità idrica occorrente al fabbisogno della popolazione elbana soprattutto nei periodi estivi di maggiore necessità. Si trattava di un piano industriale consistente nella preventiva bonifica delle acque di falda che contenendo una certa quantità di salmastro, esigevano un idoneo trattamento. Ma a causa del continuo prelevamento, la riduzione del livello idrico avrebbe fatto lentamente affluire in senso inverso nelle falde l’ acqua marina attraverso le stesse ramificazioni sotterranee da cui quella dolce prima, defluiva in mare; condizione questa che ha comportato notevoli danni in altre località italiane per intrusione del nucleo salino nel terreno. Al momento non importa entrare nei particolari del ripensamento ma è sufficiente dire che l’ impegno e il tempo dedicato è servito alla Società per la sovvenzione di un nuovo progetto: quello del primo dissalatore. Il lancio della nuova idea Il cambiamento di programma prevedeva l’istallazione, sempre nel territorio di Mola, di un impianto di dissalazione industriale di non eccessive dimensioni, capace di erogare fino a 40 litri di acqua potabile al secondo. Di lì a poco, ecco un altro ripensamento che fa decadere il progetto precedente. Il motivo, se non fosse bastato, è quello delle rilancio di una nuova idea, ossia di un altro progetto sovvenzionato, dal costo di oltre 14 milioni iniziali che questa volta prevede fino a 80 litri al secondo. Si tratta di un’opera molto vistosa e tecnicamente i molto più impegnativa della prima, anche sotto il profilo dell’’impatto ambientale. Ricapitolando La cosa che appare certa in questa giostra delle decisioni è che ogni nuovo progetto porta evidentemente con sé l’ implicita ammissione dello sbaglio del precedente. E di sbagli ne sono stati commessi. Vediamo come. Il capitolato tecnico amministrativo per integrare il fabbisogno idrico dell’ Isola prevedeva come detto la costruzione dei 21 laghetti; capitolato che deve essere stato necessariamente presentato e approvato dagli Uffici preposti della P.A. con le modalità di rito per l’ impegno finanziario di competenza, la autorizzazione all’ acquisto del terreno dedicato, ecc. Lo stesso gruppo industriale ha poi trasmesso alle ditte invitate il capitolato d’ appalto per ottenere le relative offerte. E dopo? Cosa è successo? A gara aggiudicata, hanno avuto inizio i lavori; ma dopo la costruzione del primo laghetto davanti a Portoferraio in località Condotto senza la coibentazione di tenuta idrica del fondo e delle spalle, è seguito l’ abbandono dell’intero piano perché la vasca non manteneva il livello. A questo punto si dovrebbe chiarire se la mancanza del diaframma di impermeabilizzazione era previsto nel capitolato e se la Direzione Lavori era presente in corso d’ opera. Ripensamenti come matriosche All’ idea dei laghetti disseminati sul territorio elbano è subentrata, come detto, quella opposta dell’ approvvigionamento idrico concentrato, riguardante l’ uso delle sorgenti disponibili a Pian di Mola dopo averle assoggettate ad opportuno trattamento di dissalazione. Ma anche questo progetto è abbandonato. Alla Soc. ASA viene ora un’altra idea: quella del dissalatore dell’acqua di mare. Per realizzare l’opera con pubbliche sovvenzioni, non può però sottrarsi alla trafila tecnico-contrattuale tra cui, l’installazione dell’impianto e la aggiudicazione all’impresa vincitrice. Conclusione? Nessuna, se non quella di un ulteriore ripensamento. L’ ASA infatti, anche questa volta cambia idea in quanto la portata dell’ impianto non è stata più ritenuta idonea alla quantità di acqua prevista. Ma com’è possibile approvare un progetto (ovviamente sbagliato) con il relativo sito di installazione, per sentir dire, si ricomincia con un altro? In ultimo, l’ attuale, fino a 80 litri di portata al secondo. Dunque, si tratta di una sequenza di cantonate, una dopo l’ altra, tipo matriosche o se vogliamo, di graziosi coniglietti bianchi che escono a sorpresa dal cappello a cilindro del prestigiatore. Ma con quale credibilità si continua a proporre nell’interesse dell’Elba, una serie di soluzioni di tal genere? La conferma del Nobel Se non si fosse trattato di “sbagli”, ad iniziare da quello dei 21 laghetti per circa 2 milioni di metri cubi di acqua, non vi sarebbe stato bisogno di progettare la bonifica delle acque di falda a Pian di Mola; né di cambiare idea per ricorrere alla installazione del primo dissalatore. Stessa considerazione vale per l’ ulteriore decisione di costruire l’ ultimo più potente impianto con le relative pertinenze, di sicuro e incompatibile impatto ambientale. Quindi, quattro progetti iniziati non conclusi per integrare l’acquedotto dell’Elba che fortunatamente preesisteva. A questo punto non si tratta di adottare la matematica del premio Nobel per prevedere la conclusione ma quella del cosiddetto “conto della serva”. Moltiplicando infatti, per ogni ripensamento il rimanente 15% delle probabilità di successo imprenditoriale, si può avere l’ idea di quale risultato si profila all’orizzonte. Che l’impresa non fallisca perché alla fine è il solito Pantalone a pagare, non significa aver smentito un “Premio Nobel”, ma soltanto ribaltare sugli elbani la conseguenza di una gestione di questo genere.
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