[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_25/miracoli.JPG[/IMGSX] Mentre si susseguono, a fronte dell’epidemia, provvedimenti ritenuti giusti dal nostro e da molti altri governi mondiali, personalmente trovo altrettanto giusto considerare e valutare freddamente il rovescio della medaglia.
Mi riferisco ai pesanti effetti negativi del lock down e mi domando se, alla fine, i sacrifici a cui siamo sottoposti non avranno ottenuto altro che un risultato molto peggiore della tanto deprecata e immorale ‘immunità di gruppo’, non solo in termini di disastro economico, ma anche in fatto di vittime.
Jean-Marc Dupuis di ‘Santé Nature Innovation’ riporta, da un’intervista, lo sfogo del filosofo André Comte-Sponville contro le misure di confinamento in Francia e nel mondo: ne faccio un riassunto.
‘Ho 68 anni e non ho paura di morire di questo virus, mi spaventa molto meno dell’Alzheimer perché, se lo dovessi contrarre, avrei la probabilità del 95% di uscirne guarito.
Aumentare le spese per la sanità? Benissimo, ma come farlo se l’economia sprofonda?
Credere che i soldi necessari pioveranno dal cielo è un’illusione! Saranno i nostri figli che pagheranno il debito!
Se non accettiamo la morte, saremo travolti dal panico ad ogni epidemia.
E poi, perché tanta compassione per i morti del covid e non per quelli enormemente superiori della guerra in Siria, dei migranti, dei nove milioni di esseri umani che muoiono di malnutrizione, dei 2,6 milioni uccisi ogni anno dalla mancanza d’acqua e dei 400 mila che muoiono di malaria per non disporre neppure dei pochi spiccioli che costa la medicina? È moralmente e psicologicamente insopportabile’.
Il giornalista prosegue poi:
Da parte mia sono molto preoccupato per l’avvenire: stiamo salvando molte vite, ma al prezzo di molti più morti per la mancanza di soldi a garantire un’adeguata assistenza sanitaria da ora in avanti.
Ci siamo dimenticati che le cure non sono gratuite: lo sembrano perchè milioni di contribuenti partecipano alla spesa, ma nel momento in cui, causa il confinamento in casa, smettono di lavorare, smettono anche di pagare e di finanziare le medicine, le operazioni, il personale medico e la ricerca.
Peggio, se si mettono in cassa d’integrazione o si pensionano, sottraggono ulteriori risorse al sistema statale e quindi alla sanità pubblica.
Parliamo ad esempio del cancro: da quando esiste il confinamento, gli esami giudicati ‘non vitali’ sono annullati. Ci si comporta come se il tumore fosse statico, ma si sa bene che non è così e quando la situazione del male sarà peggiorata, sarà troppo tardi per curarlo. Si tratta di migliaia di casi non controllati, e quindi non curati, che porteranno alla morte il paziente.
Molte altre patologie seguono lo stesso criterio del rinvio a data da destinarsi, ma della gravità di questa situazione paradossale non si discute, la cosa sembra non interessare nessuno: salviamo dal virus delle vite senza preoccuparci delle molte di più che già stiamo perdendo e che perderemo nel prossimo futuro per la certezza di un profondo degrado del nostro sistema sanitario negli anni a venire.
La Svezia, che non ha confinato nessuno, conta proporzionalmente molti meno morti della Francia.
Ci saranno infine, a peggiorare ulteriormente la situazione, anche degli scioperi del personale sanitario per protestare contro la mancanza di mezzi: con tutte le ragioni, ma a chi si darà la colpa del disastro?
P.S. Se posso aggiungere anche un fatto personali, vedi caso io stesso avevo una visita medica a Portoferraio confermata per il 10 marzo e un intervento chirurgico in continente per il 23 marzo, entrambi rinviati a data da destinarsi (speriamo in bene, ma qualche preoccupazione ce l’ho…).
Per i resto, l’unico vantaggio - che però si verificherà solo se avremo ben imparato la lezione - sarà aver ridotto la mortalità da inquinamento (e relative spese sanitarie) eliminando la peste nera del petrolio.
Sarà un respiro di sollievo per tutta la biosfera, la salvezza del pianeta e motivo di non poca soddisfazione perché, diversamente, forse avremmo continuato ad avvelenarci.