Se guardiamo la situazione del Lazio, nel 2011 il Lazio aveva 46 ospedali a gestione diretta, nel 2017 (ultimi dati disponibili) erano 33. Chiusi a Roma il Forlanini, il Santa Maria della Pietà, il San Giacomo; ridimensionati il San Filippo Neri, il Sant’Eugenio e il San Camillo.
Nel Lazio, la Regione amministrata da Nicola Zingaretti, ci sono solo 590 posti letto di terapia intensiva disponibili, con un rapporto di un letto ogni 10 mila abitanti – gli abitanti del Lazio sono poco meno di 6 milioni. Uno su diecimila, quindi, ha diritto alla salvezza nel caso venga infettato e le condizioni si aggravino. E’ per questo che a gran voce da ogni schieramento si è avanzata l’ipotesi di riaprire l’ospedale Forlanini, chiuso nel 2015.
Un coro di 38.000 persone: "Riaprite il Forlanini". La petizione lanciata negli ultimi giorni da Massimo Martelli, già primario della chirurgia toracica dell'ospedale chiuso ormai dal 30 giugno 2015, spopola sul web.
In questi giorni di emergenza sanitaria, in cui anche un solo posto letto di Terapia Intensiva in più potrebbe fare la differenza per salvare una vita umana, non può non venire in mente lo scempio della Sanità pubblica perpetrato negli ultimi anni.
In particolare, mi colpisce una storia: la chiusura dell’Ospedale San Giacomo in Augusta (o “degli Incurabili”) nel cuore di Roma.
Ed oggi, la sua mancata riapertura proprio quando si allestiscono tende davanti ad altri Ospedali per far fronte appunto all’improvviso aumento di posti di urgenza.
Nel 1870 l’Ospedale diviene sede dell’insegnamento Universitario.
Dal 1929 il San Giacomo diventa Ospedale di Pronto Soccorso.
Nel 1970 si procede ad una nuova e radicale opera di ristrutturazione ed alla costruzione di un modernissimo reparto ortopedico traumatologico.
A marzo 2007 il Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo avvia un piano di risanamento della Sanità nel Lazio che prevede la chiusura dell’Ospedale San Giacomo e la creazione di un nuovo Ospedale nella zona Talenti di Roma.
Nonostante ciò tra il 2007 ed il 2008 nell’Ospedale vengono eseguiti importanti lavori di ristrutturazione – per circa 12 milioni di euro.
E, sorprendentemente, subito dopo la ristrutturazione, con legge 11 agosto 2008 n. 14 il Presidente Marrazzo – appena nominato Commissario ad Acta della Sanità – delibera la chiusura dell’Ospedale San Giacomo entro il 31 ottobre dello stesso anno 2008.
Per quale motivo l’Ospedale viene chiuso così in fretta e nel silenzio generale? Da voci di corridoio si apprende che l’immobile sarebbe stato venduto per creare un residence di lusso e che i soldi della vendita sarebbero stati destinati a risanare il deficit della Regione Lazio.
I dipendenti – sostenuti anche dai tanti pazienti della struttura sanitaria – si oppongono con forza e cercano un dialogo per evitare la chiusura ma questa avviene, inesorabilmente, il 31 ottobre 2008.
I dipendenti vengono trasferiti in ordine sparso sul territorio e, in alcuni casi, demansionati. I pazienti abbandonati al loro destino.
La città di Roma perde l’unico Pronto Soccorso del Centro Storico.
Unica voce che si leva a tutela dell’Ospedale e, di fatto, ne blocca la vendita è quella dell’erede del Cardinale Salviati, Maria Oliva Salviati, che ritrova il testamento del suo antenato in cui era stato istituito un vincolo di destinazione d’uso sul bene, che imponeva l’esistenza dell’Ospedale.
A marzo 2019 si apprende dai giornali che la Regione Lazio ha adottato un provvedimento per il conferimento dell’immobile del San Giacomo al fondo immobiliare “i3- Regione Lazio” e si grida alla svendita nonché al rischio speculazione, nel frattempo si era continuato a sprecare soldi pubblici per la vigilanza di un immobile non più destinato a fini pubblici da oltre 12 anni.
Fino al 2008, il San Giacomo è stato l’Ospedale di riferimento del Centro Storico di Roma. Poi all’improvviso ed in soli due mesi viene chiuso, subito dopo una ristrutturazione costata ben 12 milioni di euro di soldi pubblici, senza un preventivo piano di gestione del personale e dei malati ospitati dalla struttura sanitaria, senza un organo di controllo o una forza politica che abbia vigilato sull’intera vicenda.
Dal 2008 ad oggi l’Ospedale è presidiato dalla vigilanza pagata dalla Regione Lazio, non è stato venduto, non è stato riconvertito, resta “in attesa di essere svenduto”.
Ed anche oggi in piena emergenza Coronavirus, resta chiusa una struttura nel centro storico di Roma che potrebbe ospitare migliaia di persone.