“ERAN TRECENTO ERANO GIOVANI E FORTI……… ..”
di Alberto Zei
Per rimanere in tema degli sull’argomento trattato si ripropone come immagine di repertorio, la medesima simbolica rappresentazione architettonica apparsa sui giornali dell’Elba.
[IMGSX]https://www.camminando.org/FOTO_24/torre.JPG[/IMGSX] Il ribaltamento delle posizioni
Erano trecento qualche anno fa, ma adesso sono sicuramente di più i siti archeologici dell’Isola d’ Elba e questo di più dovrebbe essere noto alla Dott.ssa Alderighi in modo che, sommando ai 300 questi ulteriori siti archeologici dell’Elba sotto tutela della Soprintendenza, risultino chiari e dettagliati quei beni patrimoniali storici-archeologici e culturali che ….“sono morti” di fronte alle intemperie del creato e dei predatori, e, a cui la stessa vorrebbe aggiungere altre segnalazioni degli elbani.
Si legge con interesse sui giornali dell’Elba quanto può essere detto del senso di responsabilità socio-culturale del patrimonio storico e archeologico dell’Isola; patrimonio rappresentato da strutture e cimeli risalenti fino al tempo in cui l’ Isola era simbolicamente il “cuore di ferro “ di tutto il Mediterraneo e ancora prima, nella più lontana preistoria.
L’ alto modo di vedere
La versione piuttosto emotiva della Dott.ssa Alderighi, responsabile per i beni archeologici dell’ isola d’Elba per conto della Soprintendenza di Pisa, esprime sugli elbani un giudizio secondo cui, per quanto riguarda la conservazione del patrimonio storico, mancherebbero di senso civico, di attaccamento alla propria isola e ai propri beni culturali.
Nettamente contrario è apparso su alcuni quotidiani locali, il giudizio motivato in replica del Prof. Zecchini, noto studioso di archeologia, secondo il quale non sono certo gli elbani a disinteressarsi di tutto ciò e della propria isola, ma piuttosto chi dovrebbe custodire quegli stessi valori, proprio a fronte dell’ incarico professionale attribuito dallo Stato.
D’ altra parte, il giudizio dell’Alderighi, non richiesto e neppure giustificato, a guisa di fulmine a ciel sereno di “Giove tonante e pluvio” sopra gli elbani, non può che essere motivato da qualche forte ragione. Ma quale? Si tratta di un parere che per dirla con il Prof. Zecchini, è anche abbastanza pesante in relazione all’importanza dell’incarico istituzionale sul territorio dell’Elba: un’accusa rivolta a circa 30.000 destinatari coinvolti dalla sua negativa opinione.
Dal punto di vista della conservazione dei beni archeologici esistenti all’Elba, vi sono sicuramente oltre 300 siti rinvenuti, schedati e noti alla Soprintendenza e ai funzionari preposti alla loro tutela attraverso iniziative, sopralluoghi e trasferte.
Qualche esempio
La dottoressa dovrebbe ben conoscere, per esempio, i siti etruschi da lei stessa citati, di Castiglione di San Martino e di Monte Castello presso Procchio, ma anche la necropoli etrusco-romana del Profico presso Capoliveri e le centinaia di reperti del comprensorio del granito.
Relativamente ai primi due, chi dovrebbe provvedere alla manutenzione della parte strutturale che, dopo gli scavi effettuati nel passato, si sta disgregando per opera delle intemperie e degli effetti negativi provocati dalle radici della nuova vegetazione?
Qualcuno potrà facilmente rispondere che non vi sono sufficienti risorse economiche disponibili per provvedere. Si tratta di un’affermazione che richiama simbolicamente il solito cane che si morde la coda; e cioè, questo è vero per definizione per tutti i patrimoni archeologici non sovvenzionati. Ma dovrebbe rientrare nei compiti della Soprintendenza mettere ufficialmente a conoscenza con rapporti circostanziati, gli Enti centrali sull’entità del valore archeologico trascurato e sulla qualità dei lavori da eseguire per assicurarne il mantenimento; mantenimento non soltanto fine a se stesso ma anche allo sfruttamento turistico-culturale per integrare almeno parzialmente, i costi dedicati.
Valga per questo, il concetto generale che se qualcuno omette di fare ciò che dovrebbe, pensando di evitare un inutile lavoro perché ritiene che gli altri non provvederanno, ecco che allora sicuramente si innesca l’effetto domino causato da quella stessa prima indolenza.
Sovvenzioni o iniziative
Ci sono però situazioni in cui sostanzialmente non occorrono fondi per esercitare la tutela. Al Profico di Capoliveri, per esempio, c’è la necropoli etrusca e romana più importante dell’Elba. Si sa che oltre alle tombe scavate agli inizi dell’Ottocento ce ne sono altre, forse parecchie. Ci vorrebbe un vincolo per evitare, che si costruisca ancora sopra un patrimonio archeologico di grande valore. E’ stato apposto quel vincolo?
Il comprensorio del granito, da S. Piero a Pomonte, è disseminato di colonne, vasche, catini, sarcofagi, are, sculture che giacciono per lo più in proprietà privata. Corre voce che alcuni studiosi li stiano catalogando per evitare che, com’è successo a una pesantissima vasca di granito di Seccheto, già catalogata nel lontano 1814 prendano destinazioni sconosciute.
E’ molto probabile che la stessa Alderighi non abbia ancora percorso quei sentieri e che neppure in altro modo abbia osservato di persona quelle aree.
Sembra però comprendere che la dottoressa sostenga che gli elbani abbiano scarso senso civico in quanto non hanno sufficientemente segnalato ritrovamenti di nuovi manufatti archeologici, come se questi fossero prodotti di annata e magari stagionali.
Molti elbani si domandano, invece, per quale altro motivo la Soprintendenza lascia senza protezione i siti archeologici rinvenuti che da allora sono divenuti vulnerabili a causa dello sterramento nonché i reperti restanti in loco, in balia dei predoni di cimeli.
Non si dica che questo non è vero, in quanto se l’Alderighi esprime con la sua attuale funzione la continuità nel tempo, dell’opera della Soprintendenza, lo stesso concetto vale anche al contrario; e cioè, la Soprintendenza esprime il proprio operato attraverso la continuità dei suoi funzionari preposti.
Vorremmo ricordare alla dottoressa cosa può succedere quando la Soprintendenza non cerca di approfondire magari con la presenza sul posto dei suoi delegati, la conoscenza di situazioni e di siti che riguardano valori patrimoniali archeologici e culturali a cui è istituzionalmente preposta.
In un solo giorno
Resterà emblematico, nella storia di tutti i tempi, il furto del più grande tesoro sottomarino giacente nel Mediterraneo, da parte di un gruppo di predoni inglesi, davanti alle coste di Capoliveri, quando una ventina di anni fa, la Soprintendenza della Toscana concesse l’autorizzazione al recupero della nave inglese Glenlogan, affondata da un sottomarino tedesco nella prima guerra mondiale; autorizzazione che questi ottennero incredibilmente in un solo giorno e senza verifiche.
Soltanto che là in fondo, la nave inglese non c’ era; c’ era invece il primo piroscafo portavalori dei Regni italici, il Polluce, appartenente alla compagnia genovese Rubattino, affondato nel 1841 con un patrimonio di monete di oro e di argento, di diamanti, pietre preziose e gioielli, stimato dall’ inventario di quei beni trasportati, in circa 350 milioni di euro.
Questo furto è avvenuto nel recente passato, mentre l’Alderighi che attualmente rappresenta all’ Elba la menzionata Soprintendenza, lamenta adesso le mancate segnalazioni da parte degli elbani. La dottoressa però sembra dimenticarsi che la allora Soprintendenza della Toscana era la diretta custode di quei valori nelle profondità marine e della stessa nave, contrassegnata nella mappa dei relitti, fino al regolare recupero di quell’immenso tesoro sottratto al nostro Paese.
In attesa di segnalazioni
Ma la dottoressa, che lamenta l’ assenza di indicazioni di reperti all’ Elba per il mancato attaccamento degli elbani alla propria Isola, non può ritenere che le condizioni precedenti, a fronte del risultato che ne è derivato, possano rifondere la fiducia di gran parte degli elbani, naufragata nel mare davanti a Capoliveri. Infatti nel senso lato delle cose, se la sua funzione si identifica con quella della sorveglianza e della custodia dei beni storici e patrimoniali come quelli del Tesoro del Polluce, non è allora l’ attesa di nuove segnalazioni che l’autorizza a ribaltare sugli elbani i medesimi concetti che per quanto sopra accennato, dovrebbero essere rivolti piuttosto all’interno della sua medesima Istituzione.
Alberto Zei