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s.r. da s.r. pubblicato il 16 Settembre 2009 alle 10:29
[SIZE=4]ITALIANI BRAVA GENTE....[/SIZE] Il suo nome fra i benemeriti della Repubblica [SIZE=4]Tanzi dopo il crac è ancora cavaliere del lavoro a 6 anni dallo scandalo Parmalat Non è il solo: a Poggiolini fu data, e mai revocata, la medaglia d’oro per la sanità [/SIZE] Calisto Tanzi (Olycom) MILANO — Sono passati quasi sei anni dal crac Parmalat. Un «bu­co » da 15 miliardi, 40 mila rispar­miatori truffati, i bond di Collecchio sinonimo di spazzatura. Insomma una storia che ha fatto il giro del mondo, insieme alla faccia del cava­lier Calisto Tanzi. Lui ha ammesso molte responsabilità. Nove mesi fa è stato condannato in primo grado a Milano a dieci anni per aggiotag­gio e ostacolo alle attività di vigilan­za. A Parma ha patteggiato due anni per la bancarotta Eurolat. Il proces­so principale sulla bancarotta del gruppo è in corso. Il cavalier Calisto è il simbolo di questo storico crac. Cavaliere? Sì, per lo Stato italiano Tanzi è tuttora degno del titolo di Cavaliere del Lavoro: l’onorificenza non gli è stata revocata né la prati­ca, a quanto pare, è stata avviata. E il suo nome, insieme a quello di mi­gliaia di italiani benemeriti, compa­re negli elenchi tenuti «in continuo aggiornamento» dalla Presidenza della Repubblica. Un Cavaliere del Lavoro è un uo­mo, dice la legge 194 del 1986, che tra l’altro deve «aver tenuto una specchiata condotta civile e sociale» e «non aver svolto né in Italia né al­l’estero attività economiche lesive dell’economia nazionale». Come Tanzi, evidentemente. Dunque mentre Bernard Madoff in otto mesi è passato dalle stelle al­le celle, il nostro «campione» nazio­nale dopo sei anni è ancora Cavalie­re del Lavoro. Non è tutto, Tanzi go­de ancora di un’altra onorificenza uf­ficiale della Repubblica: la medaglia d’oro (ci sono anche argento e bron­zo) ai benemeriti della cultura e del­­l’arte che «premia – è la motivazio­ne formale – quanti hanno illustrato la Nazione», in questi campi. Ma che ha fatto? La qualifica è «mecena­te ». Mecenate? Forse con i soldi de­gli altri, e mai restituiti.
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