Ven. Nov 21st, 2025

Homepage

Lascia un messaggio

 
 
 
 
 
 
I campi con * sono obbligatori.
Il tuo messaggio sarà online dopo l'approvazione della Redazione di Camminando.
Ci riserviamo il diritto di cancellare o non pubblicare il tuo messaggio.
Marcello Meneghin da Marcello Meneghin pubblicato il 25 Agosto 2009 alle 14:03
ab normal Riscontro messaggio 11903 del 25.08.2009, 12:23 Penso che sia meglio abbandonare il discorso, senza utilità, delle falde di Marina e parlare piuttosto di un argomento nel quale siamo perfettamente d’accordo e cioè sull’eccessiva pressione delle condotte elbane e sulla enorme perdita occulta che ne deriva. Tra parentesi io penso che l’acqua che continuate a pompare dai garages sia per la gran parte salata non essendo possibile una alimentazione attuale di sola acqua dolce. Parliamo dunque della pressione di esercizio. Se lei legge il mio sito [URL]http://altratecnica.it[/URL] vede che uno dei principi che io ritengo essenziali per le moderne reti acquedottistiche a sollevamento meccanico, come sono quelle dell’Elba, sia quello di aborrire le reti alimentate da serbatoi di carico posti in testa alla rete stessa in quanto rendono difficile la regolazione della pressione ed inoltre capovolgono i risultati poiché la pressione all’utenza in realtà è maggiore proprio di notte quando non serve a nessuno e si trasforma allora in perdite colossali. L’acquedotto ideale è composto da una rete di adduzione che convoglia le acque potabili in serbatoi di accumulo bassi dai quali pescano pompe a velocità variabile che funzionano con asservimento alla portata richiesta dall’utenza e quindi alta portata e alta pressione solo nei momenti di forte consumo, sempre più bassa man mano che diminuisce la richiesta. Di notte sarebbe, al limite, sufficiente una pressione di soli 15 m. sul suolo. Io sono in possesso dei profilli longitudinali della rete di adduzione principale di tutta l’Isola. Anche se vecchiotti danno un’idea della situazione e devo dirle che all’Elba è tutt’altro che facile realizzare quanto detto. Innanzitutto tutte le reti sono alimentate da serbatoi di carico. Questa è una regola che, erroneamente, viene insegnata nelle università e che molti acquedotti (tutti in passato) adottano ancora e tra di essi la vostra Isola. Qualcosa l’Ente gestore ha già fatto ma credo sia poca cosa. Ma allora cosa fare all’Elba? Tre sono i problemi. 1) Bisogna volerlo fare. 2) Bisogna saperlo fare, e 3) Bisogna limitare l’intervento ad un certo limite oltre il quale non conviene più. Dubito che il riscontro delle tre questioni all’Elba sia positivo per tutte tre. Quello che necessita in partenza è una vera rivoluzione del sistema di adduzione dell’acqua ma si capisce bene come sia cosa non facile in un territorio come il vostro. Molto più semplice, ma tutt’altro che razionale, è, come d’abitudine, rattoppare continuamente con interventi tampone che rinviano man mano la soluzione all’opera che segue, promettendo ogni volta che sarà il successivo intervento a risolvere i problemi. Mi basta riportare uno di questi interventi compresi nel vigente programma all’ASA e cioè la distrettualizzazione. In questo campo specifico ho già avuto dei commenti tutt’altro che benevoli ad un mio lavoro nel quale, ovviamente estraneo all’Elba, sostenevo che qualunque Ente che gestisce seriamente gli acquedotti deve rifiutare l’applicazione di tale tecnica, anche se ora va per la maggiore ovunque, anche all’estero. Mi spiego in senso generale con un esempio. Immaginiamo una città con una rete viaria complessa che non riesce a controllare il traffico indisciplinato delle moltissime sue vie. Ebbene cosa fa? Sbarra quasi tutte le strade cittadine ed incanala tutto il traffico su una o solo due strade. In questo modo riesce con pochi vigili a tenere perfettamente sotto controllo tutta la viabilità: ma a che prezzo? La distrettualizzazione di cui parlano le leggi, la letteratura tecnica italiana ed internazionale e molti docenti dell’università fa proprio questo: distrugge uno dei grandi vantaggi delle reti interconnesse e le suddivide in piccole parti per poterle tenere sotto controllo e quindi eliminare le perdite e regolare la pressione. Ora se questo può andar bene, sia pure con riserva, in certe grosse città di pianura o in acquedotti molto estesi io immagino cosa accadrà all’Elba se le reti, che sono già minuscole, vengono ulteriormente spezzettate. Ma il guaio peggiore, a mio avviso, è che la convinzione che sia la distrettualizzazione a risolvere i problemi, esclude automaticamente il ricorso a quella rivoluzione, anche futura, cui accennavo prima e quindi esclude di arrivare alla soluzione vera. Si continuerà quindi e per sempre con gli interventi tampone. Secondo mè la soluzione non può essere che quella intermedia da farsi però dopo aver trovato, almeno sulla carta con un progetto generale serio, la soluzione futura definitiva in modo che tutti gli interventi non siano in disaccordo con essa. Innanzitutto occorre regolare quanto prima la pressione intervenendo con poche ma sostanziali modifiche del sistema di adduzione, e, quando non possibile, inserendo valvole di regolazione asservite al sistema di telecontrollo e telecomando generale di tutta la rete (tutto ciò è molto diverso dalla annunciata distrettualizzazione). In secondo luogo mettersi l’animo in pace e tollerare una certa percentuale di perdita ma, cosa questa essenziale, dopo aver trovato il modo di farvi ampiamente fronte. Questa, visto che nel complesso di tutta l’Isola non si tratta affatto di portate aventi un valore assoluto enorme, è la base: trovare acqua buona in quantità sufficiente a vincere le punte di consumo e le punte di una perdita un po’ più contenuta di quella attuale. A seguire e attraverso gli anni si potrà anche realizzare la rivoluzione totale del sistema idrico creando una rete di adduzione nuova, efficiente e controllata la quale, visto che si tratta solo di adduzione e che è nuova, potrà anche funzionare a pressione notevole. Con questa rete si alimentano serbatoi di compensazione locale posti alle quote più basse dei centri urbani e regolati opportunamente. Le reti di distribuzione cittadina, tutte, saranno alimentate da pompe a velocità variabile con immissione diretta in rete, che pescano da detti serbatoi bassi per una alimentazione a pressione regolata punto per punto in modo da avere nelle ore di punta anche 50-60 metri di carico e scendere a carichi molto inferiori la notte e durante i consumi minimi. Se me lo permette su tutto questo sistema veglia dall’alto il mio serbatoio-galleria da 2000000 (due milioni di metricubi) di ottima acqua che sta a 150 m. di quota, al buio, al fresco e pronta ad alimentare direttamente a gravità tutta la rete di adduzione citata. Ma tutto ciò è pura utopia come dimostrato dall’elenco di opere che in realtà saranno costruite, utopia che, come al solito, non troverà alcun riscontro critico nemmeno per denunciare che quanto qui scritto è una favola. Marcello Meneghin
... Toggle this metabox.